Incriminare Netanyahu? Da oggi si può. Lo fa la Corte Penale dell’Aja che emette un mandato d’arresto internazionale per lui e uno per l’ex ministro della Difesa Gallant, entrambi accusati d’aver commesso crimini contro l’umanità. Non solo per i 44.000 gazesi finora uccisi a seguito dell’intervento militare per cielo e per terra sulla Striscia di Gaza, ma per aver creato volontariamente una distruzione di parte della locale popolazione palestinese “privata di cibo, acqua, elettricità, carburante, forniture mediche” siano essi adulti e bambini. La Corte ricorda altresì che “i medici sono costretti a operare sui feriti ed eseguire amputazioni, anche sui minori, senza anestetici” bloccati scientemente, come ogni rifornimento, fuori dai confini del territorio assediato. Un terzo mandato emesso dalla Corte riguarda Mohammed Deif, comandante militare di Hamas, accusato di “omicidio, sterminio, tortura, stupro, cattura di ostaggi” per la pianificazione dell’operazione lanciata dal suo gruppo il 7 ottobre 2023. Che provocò l’uccisione di circa 1.200 cittadini israeliani e stranieri partecipanti a un raduno-concerto oppure dislocati nei kibbutz presi d’assalto e di militari presenti nei luoghi, più il sequestro e la prigionia di 250 individui. Mandati di cattura anche per altri due leader di Hamas, Sinwar e Heniyeh, ma tutti e tre nei mesi scorsi sono stati uccisi da Israel Defence Forces.
Cosa comporta il mandato d’arresto? Una conseguente applicazione da parte dei Paesi che riconoscono la Corte stessa che sono 124 nel mondo, fra essi tutti gli Stati europei. Non fanno parte e non riconoscono la Corte oltre a Israele e Stati Uniti, anche Cina, Russia, India, Pakistan, Iran, Siria, Iraq, Turchia, Arabia Saudita. Quindi il primo Ministro di Tel Aviv da oggi conoscerebbe una limitazione negli spostamenti verso nazioni dove potrebbe essere fermato e tratto in arresto in ottemperanza alle volontà della Corte.
Potrà accadere? Teoricamente sì, posto che il ricercato difficilmente rischierebbe un viaggio lì dove potrebbe trovare polizie pronte ad applicare il mandato. Tranne che lui in persona e Israele in toto fossero disposti a forzare politicamente la mano come stanno facendo con le operazioni belliche, già giudicate nel maggio scorso dal procuratore capo della Cpi Karim Khan crimini di guerra, ma non per questo fermate. Da nessuno. Di fatto non accadrà nulla. Anche perché la nuova amministrazione statunitense con Donald Trump, blinda le nefandezze del premier israeliano con un’adesione assoluta alla sua linea politica e a quel che rappresenta la sua persona. Peraltro Netanyahu in queste ore sta ricevendo dal cosiddetto “altro Israele” consenso e solidarietà col rilancio della solita accusa di “antisemitismo” indirizzata al provvedimento e alla Corte dell’Aja.
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