lunedì 17 ottobre 2022

Iran, dove va lo scontro

 

Profeta! Ispira i credenti a vincere ogni paura della morte quando combattono, affinché se siete venti di voi che sono pazienti nelle avversità, ne superino duecento; se siete cento, ne superino mille”. E’ questo versetto del Corano, che invita alla pazienza e probabilmente alla perseveranza, a caratterizzare il termine Saberin (coloro che sono pazienti) fonte della denominazione di una delle unità d’élite delle ‘Guardie della Rivoluzione’ in Iran. Assieme alla nota e celebrata Quds Force e alla Sepah Navy Special Force rappresentano gli organismi d’eccellenza della forza militare di Tehran. Dopo la logorante guerra di trincea con l’Iraq di Saddam Hussein, vivo ancora Khomeini, si pensava a creare reparti super preparati e accessoriati. Nell’ultimo ventennio tali organismi si sono forgiati e sono cresciuti nei conflitti, più o meno lunghi sempre in Iraq, e in Libano, Siria, Yemen. Perché parlare di loro? Perché fra gli analisti internazionali, riguardo alla crisi interna che da un mese sconvolge la nazione, c’è chi lancia l’ipotesi che questi iper esperti dello scontro possano entrare in azione sulle strade iraniane, dove i fuochi della rivolta giovanile e femminile non riescono a essere spenti dalla polizia e neppure dagli attrezzati basij. Solo ipotesi, create probabilmente più per alimentare l’idea d’una ‘guerra civile’ per ora inesistente; seppure attenendosi all’attualità si registrano da una parte la volontà indomita di proseguire la protesta anti-velo e anti-Khamenei, dall’altra l’affanno della repressione sia negli interventi ordinari dei reparti antisommossa, attivi a suon lacrimogeni, sia dei motociclisti in nero (basij e agenti speciali) che in più occasioni hanno sparato e ucciso. Le vittime risultano la metà dei morti per le proteste sociali del 2019. Però il tema sui due fronti può diventare quello di difendersi ed elevare lo scontro da una parte, e dall’altra far intervenire elementi di assoluta fedeltà per contenere una situazione che potrebbe ingigantirsi, specie se lo spargimento di sangue dovesse continuare. 

 

Alcune testimonianze filtrate nel corto circuito mediatico con cui vengono offerte informazioni ufficiali hanno evidenziato sia tentennamenti di poliziotti al cospetto di giovani urlanti ma disarmate, sia loro interventi eccessivi per oppressione, abuso, cieca violenza. Tutto ciò mette a rischio il contenimento che il governo sembrerebbe voler dare alle contestazioni, senza aumentare la ferocia. Ma alcune località del Paese, ad esempio a Zahedan, dove si è copiosamente sparato e i corpi hanno sanguinato fino ad estinguersi - a decine fra i manifestanti, ma pure fra alcuni basij - offrono un quadro dell’ordine pubblico cupo per quanto può ulteriormente accadere, oltre che per quant’è accaduto. Le autorità paiono preoccupate dalla diffusione della protesta che investe località piccole e grandi in ogni punto cardinale, più che luoghi simbolo della repressione, o a loro avviso rieducazione, qual è la prigione di Evin nella capitale, sono le agitazioni nei centri petrolchimici (Abadan sul confine iracheno, Asaluyen nel Golfo Persico) ad agitare l’animo del governo Raisi. Ridiventare il bersaglio di contestazioni non solo per questioni di diritti e autoritarismo, ma per i nodi scorsoi di un’economia certamente posta sotto il ricatto dell’embargo occidentale, ma di fatto tagliente per le condizioni di vita di milioni di famiglie, è un pericolo assoluto non solo per il potere di Khamenei e l’istituzione di Guida Suprema. E’ un timore per il sistema delle bonyad che afferiscono al clero, ma anche al cosiddetto ‘partito combattente’ di cui il corpo dei Pasdaran è l’alfiere. Non solo petrolio e gas, bensì chimica, tecnologia aerea (compresi i droni Shahed-136 usati in questa fase dai russi in Ucraina, ultimo 'gioiello' dell’azienda Hesa) e poi materiale edilizio, tessile, generi alimentari, più l’incompiuta del nucleare civile. Prodotti ordinari fra le potenze mondiali, criminalizzate al regime degli ayatollah e dei combattenti della Rivoluzione. Nuovamente contestati da tanta gente che si ribella e che può finire massacrata per via. Puntare sull’esperienza dei professionisti della forza e sulla loro fedeltà ideologica, può garantire l’attuale potere, molto meno il contenimento della morte.  

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