sabato 8 luglio 2023

Sfax, africani contro

 


E’ stata un’altra brutta settimana di caccia al nero, immigrato e subsahariano, da parte di tunisini che la pensano come il loro presidente. E se non del tutto come lui che detesta i poveri, fra la povertà interna e quella in arrivo si creano conflitti fra miserabili a difesa della rispettiva miseria. Quando poi accadono, come giorni addietro, fattacci di cronaca: l’accoltellamento d’un locale da parte di migranti, il fuoco etnico divampa senza possibilità di contenimento. Certo, chi fugge dai conflitti centroafricani ha un presente disperato eppure sogna qualcosa. Mentre chi da oltre un decennio è in balìa delle alternative politiche subentrate al satrapo Ben Ali e si vede ‘invaso’ da migliaia di nuovi arrivi, non controlla più disagio e paura. Secondo il ministero dell’Interno tunisino i 14.000 ingressi dei primi tre mesi dell’anno superano di cinque volte quelli del 2022, le cifre non determinano automaticamente i fatti però sottolineano squilibri profondissimi. La disoccupazione, la penuria di risorse, gli aiuti internazionali promessi e bloccati, anche per i puntigli del vertice politico, disorientano. Uno dei business presenti a Sfax - luogo di pesca e di artigianato da pesca - è affittare a prezzi stracciati, e dunque in nero, sordidi locali ai migranti del salto a Lampedusa. L’hub della migrazione nell’Europa, che accoglie e respinge, è a portata quasi di canotto. E per questo, in un braccio di mare comunque infido, s’accalcano le traversate con ogni genere di natante, comprese le pericolosissime chiatte di metallo, dal naufragio quasi certo visto che possono rovesciarsi con un’onda. L’altro business, quello criminale della tratta, prosegue imperterrito nonostante l’intento securitario dello Stato, con gli accordi firmati e in via di definizione, col presidente Saïed che non accetta il ruolo di controllore che i sorrisi delle signore della speculazione politica, Von der Layen e Meloni, hanno elargito in reiterate occasioni. Brillano novecento milioni di euro per ingraziarsi il leader tunisino, disposto a prendere e non promettere, come ha già fatto col Fondo Monetario Internazionale, che infatti gli ha bloccato 1,9 miliardi di dollari, mentre l’economia langue. Cose note da tre mesi più tre, mentre è giunta l’estate e nulla cambia. E la situazione s’aggrava perché le tensioni ribollono per un non nulla, visto che i sanguigni richiami della razza possono scivolare sulla via del sangue. In questi giorni, impossibilitati a salire su uno scafo pur scalcinato, col rischio di venire linciati nuclei di famiglie subsahariane si stanno dirigendo dove mai avrebbero voluto: il confine libico. Sembra un controsenso, ma certe scelte hanno il fiato cortissimo. 

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