martedì 11 ottobre 2016

Putin- Erdoğan: il fascino discreto dell’energia


E’ l’energia a riavvicinare gli interessi di Putin ed Erdoğan, che tralasciano drammi e orrori siriani, odi personali e statali, siglando un accordo. Il gas russo viaggerà verso sud in direzione del Mar Nero e sotto di esso, rifornendo l’Europa. La conduttura Turkish stream avrà due rami, capaci di trasportare oltre 15 miliardi di metri cubi di gas ciascuno. Quello rivolto al vecchio continente sarà oggetto di ulteriori trattative con la Ue. Per Ankara si riaccelera anche il programma nucleare della centrale di Akkuyu, nell’Anatolia meridionale, non distante da Adana e Mersin, dove dal 2011 gli abitanti dell’area sono in subbuglio e protestano vivacemente. Il progetto (avviato nel 2010) e il finanziamento sono al 90% russi, come lo è Rosatom, l’ente statale che fornisce prodotti e servizi. L’avvicinamento fra i due “uomini-stato” è avvenuto a Istanbul in occasione del Congresso mondiale sull’energia, dove si è ribadito la giusta via dei programmi sottoscritti finora da Gazprom e Bontaş, le rispettive aziende che s’occupano di energia. Nel clima pacificatorio vissuto in terra turca Putin ha anche annunciato la propria disponibilità all’iniziativa dell’Opec di contenere la produzione degli idrocarburi per riequilibrare il mercato mondiale e frenare l’attività speculativa, evitando nuove fluttuazioni del prezzo del barile.
Col passo del Turkish stream, cui s’oppone qualche membro Ue e alcune voci energetiche statunitensi, viene messa da parte l’ipotesi del South stream che coinvolgeva la Bulgaria e vedeva l’Eni in prima fila nell’opera realizzativa in partenariato con Gazprom. Quest’ultima azienda negli anni ha seguito le spregiudicate linee guida della politica russa che ha giocato su più tavoli, anche per evitare la morsa tesa da avversari, vicini (Ue) e lontani (Usa). Putin, che in politica estera ha riequilibrato i non pochi problemi riscontrati tempo addietro sul fronte interno, nel sempre più complesso e variegato settore energetico cerca un’espansione verso i mercati cinese e indiano, senza tralasciare il Giappone; “La Russia tratterà energia con tutte le parti interessate per un mutuo beneficio” ha pubblicamente annunciato nell’assise mondiale. Anche Erdoğan è raggiante perché, in un momento comunque cupo della sua presidenza, riesce a rilanciare uno dei pilastri inseriti nel personale sogno di grandezza: fare della Turchia un enorme hub energetico a cavallo fra Europa e Medio Oriente. Fattore di forza non indifferente verso i competitor regionali come la dinastia saudita e l’Iran che sull’energia costruiscono le proprie velleità di supremazia. Viene a rafforzare la teoria del “perno energetico” turco anche l’Azerbaijan.
A Istanbul il presidente Aliev ha annunciato un investimento di 20 miliardi di dollari concernenti infrastrutture e gasdotti, di cui fa parte la Trans Anatolian Natural Gas Pipeline: un progetto che prevede per 1841 km di condutture, dal Mar Caspio poi sul confine georgiano-turco fin verso la Grecia, per 11 miliardi di dollari. La cronaca fa registrare intenti cordiali o prospettive di allentamento della tensione fra Russia e Turchia anche in quei settori centrali per l’economia di ciascuno, commercio e turismo, che l’episodio dell’abbattimento del bombardiere sul cielo (siriano o turco?) aveva interrotto. Più complessa è la vicenda che vede i due “presidenti a vita” giocare cinicamente sullo scacchiere siriano ai danni di quel che resta della popolazione locale, ancora martoriata da fattori interni ed esterni. Le tattiche, i programmi, l’ideologia di ognuno li ha contrapposti sino a sfiorare punti di non ritorno che, però, entrambi dimostrano di non condurre fino in fondo. L’abilità del giocatore d’azzardo incarnato da ciascuno - che costituisce una fascinazione per i propri fan - li rende sfrontati e poco dopo prudenti, così da tornare sui propri passi quando nessuno l’aspetterebbe. Quel che li può avvicinare, nell’attuale fase, è l’antiamericanismo politico ed economico che avrà ricadute anche sul fronte energetico. Pur sapendo, che chiunque siederà alla Casa Bianca (ormai più lady Hillary che macho Trump) può diventare un momentaneo compagno di via.

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