“Penso che
abbiamo diritto di decidere di non volere un bel numero di musulmani nel nostro
Paese” ha sentenziato nella conferenza stampa di Bruxelles con la certezza
che ne contraddistingue pensiero e azione il premier ungherese Orban, di fronte
allo sguardo smarrito e imbarazzato del presidente della Parlamento Europeo
Schultz. I cultori dell’Orban-idea sostengono che il leader nazionalista
pensasse alla storia del suo Paese soggiogato dall’Impero Ottomano fra il 16° e
17° secolo, ma altre decriptazioni e soprattutto mesi di spasmi fascistoidi e
atti razzisti, di cui il triste muro è solo l’ennesima infamia, mostrano
l’anima reale d’un capopopolo diventato capo d’una nazione che guarda al suo
passato più cupo, segnato dalle Croci Frecciate del paranazista Szálasi. Esageriamo?
I fatti sembrano dimostrare il contrario. Come i populisti reazionari d’ogni
epoca Orban semina a piene mani paura, disprezzo e odio: “Noi ungheresi abbiamo paura, perché i leader europei non sono in grado
di controllare la situazione”. E mentre additava la Cancelliera Merkel
quale responsabile del caos nei confini d’Europa dell’ultimo mese, andava in
scena il concordato piano-beffa del viaggio nel vuoto vissuto da migliaia di
profughi.
Le caotiche scene dell’assalto ai treni nella
stazione di Budapest riaperta e lasciata senza controllo, le partenze verso una
presunta destinazione tedesca, la sosta dopo pochi chilometri nella campagna in
prossimità dell’ennesimo centro-prigione d’identificazione, che invece
pullulava di poliziotti, hanno il sapore della crudele tortura psicologica di
chi tuttora crede nei ghetti, e vorrebbe reintrodurli assieme a ogni forma di
persecuzione verso altre popolazioni. Al cospetto dei gestacci di Orban anche
la Merkel può apparire assennata e umanitaria quando, per tutta risposta
all’accusa ungherese, ribatte: “La
Germania fa quello che è moralmente e giuridicamente dovuto”. Ma si tratta
d’un copione; ciascuno recita la sua parte. Con Hollande, Angela predispone un
piano di accoglienza per i profughi (verrà discusso fra dieci giorni) e dovrà
impegnare ciascuno dei 28 membri Ue, pena gravi sanzioni ovviamente economiche.
Le tragiche ore e il contorno dietro accampamenti di fortuna e filo spinato,
oltre a evidenziare le carenze e l’affanno dell’Unione Europea, la sua
contraddittorietà, l’assenza d’una linea politica internazionale, il perenne
ritardo su tutto ciò che concerne un mondo in trasformazione, mostra la sua
lugubre anima nera, tollerata e conservata.
Mentre l’Europa s’abbandonava a far da stampella
alla folle politica destabilizzante dell’imperialismo statunitense fra Eduring e Iraqi Freedom, interventi in
Libia e tacite accettazioni del mattatoio siriano, estremismi razzisti da curva
calcistica montavano nel cuore dell’Europa, a est come a ovest. Dai gemelli
polacchi Kaczynski e soggetti come Bachmann di Pegida, trattati come
macchiette, scaturiscono rappresentanze politiche che s’impossessano delle
Istituzioni o le insidiano, Maidàn che le sconvolgono introducendo una latente
guerra civile. Le predicazioni xenofobe dei Farange, Le Pen, padre e figlia,
Salvini continuano a inquinare il pensiero di comunità che cercano in
sciagurate chiusure passatiste soluzioni a nuove emergenze. Certo, guerra e
crisi economiche di nuovo hanno ben poco, ripropongono disperazioni antiche e dajà vu distruttivi. A questo modelli
“democratici” basati su para progressiste socialdemocrazie o liberalismi di
mercato non sanno offrire soluzioni. Risucchiano le vite di giovani, adulti e
anziani in un proprio ghetto (l’Unione) che non può reggere gli tsunami
migratori scatenati dalle mancate soluzioni socio-politiche in troppi angoli
del pianeta. Se gli Orban sono cresciuti è anche grazie alle Merkel, agli
Holland, ai Renzi che conserviamo, poiché costoro anziché risolvere aumentano i
problemi. E non è una boutade.
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