In quella che anche i cronisti sportivi definiscono come un’immensa campagna pubblicitaria per le prossime elezioni indiane a tutto vantaggio del premier Modi, la Coppa del Mondo di cricket organizzata nelle metropoli di Delhi, Mumbai, Bangalore ma anche in località più decentrate, attira l’attenzione dei media sulle squadre partecipanti e le stelle che si contendono titolo e onori nel mese di durata del torneo. Fra i Paesi partecipanti alcuni appartengono al triangolo in cui questo sport - d’origine britannica e importato nella colonia indiana - si è sviluppato. Da oltre un secolo e mezzo continua a coinvolgere in maniera passionale popolazioni che per altri aspetti operano distinguo e revisioni rispetto a un passato di sottomissione imperialista. Misteri del fervore sportivo. Del resto proprio l’attuale governo indiano - guidato dal partito che esalta anche faziosamente le proprie origini linguistiche, geografiche, etniche e da anni conduce una campagna ostile al passato coloniale trasformando anche i nomi delle città - sulla questione sorvola. E’ noto come la macchina organizzativa di grandi eventi sportivi, festaioli, di rappresentanza d’ogni genere, inneschi una spirale affaristica, peraltro solo in parte virtuosa e legale. Spesso il lobbismo, con tutto il suo apparato clientelare ben collegato alla politica, trascina l’illecito di favoritismi, combine, scommesse e mercanzia varia. Solo un anno fa, durante i Mondiali di calcio a Doha, venivano alla luce, solo parzialmente e per poco tempo, le pressioni di funzionari e faccendieri marocchini affinché il Paese maghrebino ricevesse favori da parlamentari presenti nell’Unione Europea (peraltro italiani e legati al Pd) per il suo import-export. Accadeva mentre il pubblico internazionale apprezzava le ottime prestazioni della nazionale di Rabat alla quale “l’affaire” non ha certo giovato.
Sport veicolo d’investimenti, orientamenti elettorali, coinvolgimenti e distrazioni di massa, tanto che anche i regimi ritenuti più refrattari al carrozzone spettacolare prestano comunque attenzione alla pubblicità indiretta e diretta che un mondo posto costantemente sotto i riflettori riesce ad offrire. Tornando alla Coppa del Mondo di cricket, solo le testate sportive e quelle più attente passano la notizia della partecipazione al torneo della formazione dell’Emirato Islamico dell’Afghanistan. E’ solo parzialmente una novità, perché dicevamo che questo sport è diffuso oltre che in India e Pakistan anche nell’altra area del Pashtunistan, diventata a fine Ottocento e per volontà del Segretario del Raj britannico sir Mortimer Durand, regno afghano. Farebbe più effetto riferire che i turbanti di Kabul, mentre non trovano fondi per finanziare le scuole femminili, li hanno scovati per sostenere la nazionale di cricket. Maschile e mascolina, ovviamente. Che se la gioca muscolarmente con altri lanciatori e battitori di nazioni vicine e lontane. E che nei giorni scorsi è riuscita in un’impresa che entra nella storia: battere addirittura il team pakistano. Un successo festeggiato con fuochi d’artificio e spari, stavolta a salve, per le strade della capitale. Autorità con tanto di turbante al settimo cielo, ma mentre si festeggia la stella del boundary Rashid Khan stesso cognome d’un altro campione, quell’Imran diventato presidente pakistano, il limes fra i due Stati sta per essere varcato da un milione e settecentomila profughi afghani che Islamabad rispedisce oltre confine. Vendetta per la sconfitta sportiva? Probabilmente no. Le autorità pakistane avevano in animo questo rimpatrio per contenere le proteste dei propri cittadini riguardo alla ribollente condizione sociale. Crisi economica, problematiche varie (il Paese deve far fronte a un’epica migrazione interna scaturita dalle alluvioni dei mesi scorsi che coinvolge trenta milioni di persone), l’instabilità politica e le elezioni che dovrebbero tenersi entro l’anno hanno orientato il governo Sharif verso la scelta. Smaltita l’euforia per il successo sugli ingombranti vicini ora i taliban dovranno trovare, magari fra gli sponsor del cricket, qualche aiuto per l’inaspettata emergenza migratoria.