Li
abbiamo visti sbarcare speranzosi aggrappati al collo dei genitori, e in marcia
a piedi sui binari. Sorridere alle facce cupe degli agenti e tendere la mano
con quel che avevano. Mostrare il cuore con la semplicità che solo l’età dell’oro
che è l’avvìo alla vita riesce a dare. Eppure l’infanzia dei bambini siriani è
durissima, ormai per tutti: i poveri e diseredati e anche chi appartiene a quei
ceti medi rimasti fino a poco tempo fa fedeli al regime che li garantiva. Metà
della popolazione d’uno Stato maciullato è in fuga. Fra una sosta in tenda che
fraziona un viaggio infinito, l’ansia del mare oscuro da traversare seppure per
poche miglia, la nuova terra, quella promessa di cui parlano e urlano i grandi
e che riserva soprese di rinnovata violenza, gli occhi dei bambini fotografano
orizzonti da conquistare, incamerano messaggi e, appena possono, ne lanciano
altri. Egualmente per chi è ancora sui campi dove si spara e si sgozza, per chi
si prepara a partire o non lo farà mai lo scenario si ripete. Ossessivamente.
Se hanno quattro anni questi bimbi, nati con la morte al fianco, vedono il
mondo segnato di rosso. Il rosso sangue che li circonda e ne soffoca i
sentimenti. Come accade alle vittime infantili e civili d’ogni guerra, certo, ma
oggi sulla scena ci sono loro. Se parlarne sa di buonismo, chissà come definire
chi se ne frega della loro esistenza, e giustifica i propri misfatti con la
sanguinaria presenza di altri assassini: i tagliagole islamici, i meschini capi
di Stato che da ogni sponda giocano al Risiko delle spartizioni e alleanze di
terre e di genti. Troppo semplici queste valutazioni per i profondi temi della
geopolitica che riprendono e studiano ciò che la Teoria del Potere ha sempre
avallato. Già, ma questo non entra ancora nella testa dei bambini, i loro occhi
scrutano e ricordano. E alla Caritas di Jaramana, alle porte di Damasco, hanno
riprodotto l’orrore conosciuto che difficilmente una vita intera, se
riusciranno a viverla, attenuerà. Com’è stato per tutti i sopravvissuti dalle
barbarie. Questioni che gli Statisti del mondo non possono comprendere, se il
mondo che inseguono è fatto di carri e bombardieri. E d’infinite macchie rosse.
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