Il “pericolo di attentati” allontana il voto da
Cizre, nel distretto di Sirnak, la città uscita con morti e feriti, da uno stato
d’assedio durato dal 4 al 12 settembre. Per cui il Consiglio del distretto elettorale
decide di non collocare urne nelle aree di Cudi, Nur e Sur che raccolgono
48.000 dei 66.000 elettori di Cizre, dove il voto plebiscitario per la
formazione filo kurda dell’Hdp (98% alle elezioni di giugno) può sicuramente punire
l’Akp. I quartieri in questione, come la città tutta che la stampa filo
governativa definisce “irrequieti”, sono accusati di fiancheggiamento alle
posizioni del Pkk e dunque continuano a essere al centro di palesi
discriminazioni. Un recente rapporto di giuristi democratici aderenti all’European Association of Lawyers for
Democracy and World Human Rights fra cui l’italiana Barbara Spinelli ha
raccolto dati sul terribile assedio subìto. Dati ingombranti per violenza,
sopraffazione, impostura. Dalle 6 del mattino del 4 settembre 130.000 abitanti,
in maggioranza kurdi ma anche armeni e assiri, sono stati obbligati con la
forza a restare in casa. Chi non ha rispettato l’obbligo è stato colpito con
armi da fuoco, restando ferito o ucciso.
Perché contestualmente è stato impedito,
egualmente con la forza, al personale medico e di associazioni umanitarie di
soccorrere i feriti. I cittadini sono rimasti per giorni senz’acqua ed energia
elettrica, fortemente isolati per l’interruzione del funzionamento delle reti
mobili, GSM e internet. Esercizi commerciali e abitazioni sono stati
bersagliati da militari e agenti di polizia accorsi in forze. Dopo quattro
giorni di assedio diventava difficile recuperare anche generi alimentari. Il
copresidente dell’Hdp Demirtaș, in compagnìa dei ministri dell’attuale governo
turco per gli Affari Europei Konca e dello Sviluppo Dogan, hanno chiesto al
ministro dell’Interno Altinok di visitare la città, ma gli è stato impedito.
Una marcia a piedi che s’era avvicinata alla cittadina di Midyat, a 80 km da
Cizre, è stata bloccata sempre dalla polizia. Egualmente una corposa
delegazione formata da 300 avvocati kurdi e turchi che volevano osservare
quanto stava accadendo non ha avuto possibilità di proseguire il tragitto verso
Cizre. La città restava isolata dal mondo. Solo alle 6 del mattino del 12
settembre si diffondeva la notizia della cessazione dello stato d’assedio. Da quel momento un gruppo di avvocati è potuto
accedere per le vie e, dopo aver dovuto
superare parecchi posti di blocco iniziava a osservare, fotografare, discorrere
con la gente, tutta indistintamente provata.
Nel narrare quanto appariva ai loro occhi gli
avvocati hanno scritto “Davanti ai nostri
occhi si è presentato uno scenario di guerra, lungo le vie principali (Nusaybin
e Idil Caddesi) si potevano raccogliere centinaia di bossoli esplosi contro
case e centraline elettriche”. In quei giorni le temperature erano comunque
elevate, sfiorando i 40 gradi, e l’interruzione dell’energia elettrica ha
prodotto il deterioramento dei cibi nelle abitazioni e nei magazzini della
città. Il danneggiamento con esplosivo di condutture d’acqua e dello stesso
sistema fognario produce problemi igienico-sanitari non indifferenti,
producendo tuttora una situazione in emergenza assoluta e di pericolo per la
comunità. “Nelle strade - prosegue il
rapporto - l’odore è insopportabile per fuoruscita di gas da tubi divelti, cibo
avariato, animali morti, immondizia non ritirata”. Dai familiari delle
vittime la delegazione ha raccolto le testimonianze di alcuni uccisi. Abdul,
cardiopatico, è morto per un attacco di cuore durante il bombardamento della
sua abitazione, due donne di 35 e 17 anni Mașallah e Zeynep sono morte insieme
a un bambino di 11 mesi, colpite dai cecchini mentre rincasavano sono morte
dissanguate.
Anche un’altra donna, la cinquantaduenne Meryem,
è deceduta per le ferite: colpita da schegge d’una bomba lanciata dai soldati
non ha avuto soccorso poiché è stato impedito l’arrivo dell’ambulanza. Medesima
disgrazia che ha colpito Sait, studente di 16 anni, il cui corpo, attraversato
dal proiettile sparato da un cecchino, sanguinava per sei ore prima di giacere
esanime. Alla famiglia veniva vietata la sepoltura, pena altre sparatorie
indiscriminate e omicide. Se i comunicati dell’esercito parlano di 32 miliziani
del Pkk uccisi, i dati raccolti dalla delegazione degli avvocati dell’Eldh parlano
anche di uccisioni di donne, giovani e alcuni anziani. Ne sono stati contati 26
e oltre duecento feriti, tutti costoro erano disarmati tanto che l’équipe di
avvocati lancia l’accusa di vere esecuzioni sommarie. Gli assalti sono stati
condotti via terra con l’uso dei Panzer
Kobra e via aria tramite elicotteri Leopard.
Utilizzate anche armi pesanti ad ampia gittata con cui dall’alto di alcune
abitazioni “conquistate” dai corpi speciali si sparava ad ampio spettro sui tre
quartieri citati. Il rapporto lancia un monito alla politica interna affinché
sia aperta un’inchiesta che individui dirette responsabilità esecutive e
decisionali, alla Comunità Internazionale che deve esaminare prove e
testimonianze raccolte e, secondo la Carta dell’Onu, proteggere le popolazioni
locali da crimini di tale natura.
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