Lo divulga un servizio lanciato da Al Jazeera: il Covid-19 è penetrato a
Gaza. Le autorità sanitarie, per bocca del ministro della Salute Youssef
Abulreesh, hanno individuato due pazienti con evidenti sintomi (febbre e tosse
secca) che sono stati posti in quarantena. Sono palestinesi che tornavano dal
Pakistan entrando dal confine di Rafah. I quaranta chilometri della Striscia,
dove vivono in altissima densità due milioni di gazawi, presenta annose
criticità, già dall’epoca dei ripetuti attacchi militari israeliani,
dalla criminale operazione denominata “Piombo fuso” (2008-2009) a quelle successive: “Margine di protezione” (2014) e
oltre. Tali attacchi hanno deliberatamente e ripetutamente distrutto i servizi
igienici (rete fognaria) e i già carenti servizi sanitari, impedendone la
ricostruzione col rigidissimo embargo reiterato nel tempo. Così Gaza presenta
un’ampia fascia della popolazione che vive in case tuttora disastrate o in
abitazioni precarie che, in una fase in cui la pandemia del Coronavirus impone
isolamento e distanza, risulteranno inadeguate per evitare i contagi. Le
autorità politiche hanno presente la triste realtà, ma possono fare poco. Fra
l’altro le ragioni sanitarie s’aggiungono a quelle d’un ferreo controllo
militare dei confini, Israele sta
cancellando tutte le autorizzazioni per farli attraversare anche ai pur
limitati soggetti che svolgono attività lavorative fuori dalla Striscia. Fra
costoro i visti di medici e infermieri vengono esaminati caso per caso. La
preoccupazione è elevatissima, e la chiusura di scuole e luoghi pubblici già
attuata da giorni pur in assenza di casi, non attenua l’allarme. Ora che il
virus s’è affacciato si tratterà di limitarlo. Il problema maggiore, come
peraltro in tutte le situazioni di alta densità abitativa e di stazionamento
sotto lo stesso tetto, è rappresentato dalla mancanza di spazio dove far vivere
la gente per evitarne i contagi. I centri di quarantena dislocati a Rafah, Deir
al-Balah e nella parte meridionale di Khan Younis potrebbero non essere
sufficienti al possibile aumento di persone infette. Inutile ribadire come
tutti gli strumenti riguardanti l’assistenza e la terapia intensiva come
ventilatori polmonari e simili, che in queste settimane risultano deficitari
anche in qualche ospedali di alcune località italiane, a Gaza diventano solo un
sogno. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha ribadito che la situazione in
quel territorio è assolutamente insufficiente già alla normale assistenza per
la popolazione, figurarsi davanti a una pandemia.
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