Pace, pace hanno
ripetuto tutti, ma chi la garantisce e chi la attenta? Stamane a Kabul ha
rischiato di morire nientemeno che uno dei rissosi pretendenti alla presidenza,
Abdullah Abdullah, che nelle scorse settimane aveva minacciato il vincitore
ufficiale di elezioni praticamente senza votanti, Ashraf Ghani. L’attentato ha
colpito la cerimonia che commemorava Abdul Ali Mazari, carismatico leader della
comunità hazara e lui stesso signore della guerra ucciso venticinque anni fa,
quando il fratricida conflitto civile non era ancora terminato. Nell’attacco odierno,
che non ha provocato vittime ma solo diciotto feriti (un avvertimento per
prossimo sangue?), erano presenti altri uomini delle Istituzioni della passata
amministrazione: il vicepresidente di Karzai, Karim Khalili. Neanche a dirlo un
altro signore della guerra. Immediatamente il dito indagatore su chi siano gli
attentatori s’è rivolto sui talebani. Loro hanno sdegnatamente smentito ogni
coinvolgimento, sostenendo che l’agguato colpiva anche l’accordo recentemente
sottoscritto a Doha. E allora di chi è la mano? Esclusa la fantasiosa ipotesi del
Capo di Stato come mandante - i ferri corti fra lui e Abdullah sono noti ma
finora non si è passati a quelle congiure di Palazzo che pure la Kabul
filosovietica ha conosciuto - i sospetti si rivolgono alla frangia talebana
dissidente che dal 2017 rivendica attentati, taluni sanguinosissimi, a nome
dell’Isil. Proprio nella stessa commemorazione un anno fa le bombe dell’Isil
avevano ucciso diverse persone. Fra questi miliziani del sedicente Emirato del
Khorasan e la componente maggioritaria della Shura di Quetta per due anni si è
stabilito uno scontro a distanza a suon di camion-bomba per il controllo di
molti distretti afghani. Ovviamente a danni della popolazione di tutte le etnìe
che ha contato centinaia e centinaia di vittime. Dal 2018 la Shura ortodossa ha
ricevuto anche il sostegno della rissosa Rete di Haqqani, passata nelle mani di
Sirajuddin molto più moderato del patriarca Jalaluddin. Così, pur sotto la
guida del chierico fondamentalista Haibatullah Akhunzada, la Shura di Quetta ha
intrapreso col suo rappresentante Baradar la via della mediazione diplomatica
richiesta dagli Stati Uniti. Chi è rimasto spiazzato è l’Isil, che dunque si
rifà sotto. E riporta la guerra strisciante in un Afghanistan che non si
pacifica.
Nessun commento:
Posta un commento