Jihad del Khorasan - Se certi talebani rappresentano l’attuale boa
di salvataggio del governo Ghani, che per corteggiarli ha chiesto i buoni
uffici d’un fondamentalista doc come Hekmatyar, c’è un pezzo di jihadismo
radicale afghano che, partendo dalla resistenza alle invasioni straniere,
continua a sostenere il progetto d’un proprio Califfato contro i piani del
governo di Kabul e dell’ingombrante vicino posizionato nei palazzi di Islamabad.
Ne avevamo parlato in occasione di attentati destabilizzanti che i due Paesi
continuano a subire e della comparsa del marchio dello Stato Islamico,
insinuatasi da circa un biennio anche nel cuore del Grande Medio Oriente. Nella
sigla degli irriducibili locali della guerra santa (Islamic State Khorasan Province) il riferimento all’area geografica
che comprende tutto l’Afghanistan, il nord est iraniano e un tratto pakistano,
unisce le radici del passato a un sogno futuro contro la disgregazione apostata
del presente. Su queste basi e con l’ausilio della tecnologia il progetto
dell’Iskp cerca nemici da combattere non solo nel governo fantoccio (Ghani)
sostenuto dagli Stati Uniti e in quello a lui prossimo e subalterno (Sharif),
ma negli stessi comandanti talebani che usurperebbero il ruolo che fu del
mullah Omar. Per non parlare di certi signori della guerra (Sayyaf, Dostum) che
avrebbero smarrito ogni vena jihadista. Questo sostengono i combattenti del
Khorasan. Chi pensava di usare Hekmatyar come ambasciatore per stabilizzare il
potere ha già davanti a sé ideologi integerrimi. Bisognerà vedere se
altrettanto strutturati sul piano militare.
Radio e social media - Per ora - come evidenziano meticolosi
analisti d’un network locale - una buona dose del conflitto sul vero jihadismo
si sviluppa attorno alla propaganda che attualmente mostra i miliziani
dell’Iskp più organizzati dei taliban. Com’è accaduto per l’informazione
dell’Isis diffusa in Medio Oriente, nel Nord Africa marocchino, tunisino,
egiziano e in Europa i comunicatori del jihadismo asiatico mostrano spiccate
doti tecniche e un piglio
documentaristico e pubblicitario di estrema efficacia. Sorpassano i Talib
per padronanza dei mezzi utilizzati, in primo luogo il web, s’insinuano in Facebook, Twitter, Istagram. Sanno che
lì possono pescare proseliti fra un certo tipo di pubblico: giovani, studenti e
anche professionisti. Ma risultano utenti di messaggi postati in video
addirittura i detenuti, cui parenti o guardie compiacenti, possono far giungere
smartphone su cui osservare, ovviamente dove il campo di ricezione è presente,
i filmati di propaganda. La duttilità con cui questa è diffusa utilizza le onde
radio per gli analfabeti, digitali e non solo, visto che la popolazione di
tante province afghane mostra una pesante arretratezza d’istruzione e non sa tuttora
leggere. A costoro, e a chiunque voglia ascoltare, il verbo jihadista giunge da
Khilafat Ghag, radio che tramette in
FM. Chi le ha esaminate afferma che il format è adeguato per sfruttare al
meglio la potenza del mezzo. Niente a che vedere con le prediche della radio
talebana Shariat Ghag che trasmette
dalle province di Paktika e Ghazni, dove né le truppe Nato né i militari
afghani son riusciti a farla tacere.
Eredità islamista - Eppure il contrasto coi talebani non è solo
strutturale. Ideologia e teologia si scontrano per stanare i traditori e
conquistare alla causa i veri musulmani. Su questo fronte i comunicatori
dell’Iskp usano ogni genere di convinzione. Dall’interpretazione dei testi sacri
nei quali cercano la narrativa più apocalittica per sostenere l’adesione al
vero Islam, visto che il grande mondo di questa religione è invaso da
deviazioni, non solo quelle millenarie del ramo sciita, lo stesso sunnismo
presenta, a loro dire, deviazioni d’ogni genere. Si cerca la genuinità e la legittimità
che da sempre caratterizzano l’interpretazione della fede da parte salafita. I
teologi di orientamento wahhabita censurano tutti e Khilafat Ghag, riportandone alcune posizioni, dedica tempo e spazio
a negare il monoteismo altrui, quello dei non islamici e degli stessi islamici
giudicati devianti. Nell’occhio della ciclone fondamentalista finiscono ulema
dell’etnìa maggioritaria pashtun, ma le reprimende vengono tradotte anche in
lingua dari o urdu per raggiungere un pubblico più vasto. Gli organizzatori
delle trasmissioni radio e dei video postati sul web non dimenticano il fine
primario: il reclutamento. Così per attaccare i clan talebani, che comunque
hanno radici geografiche e temporali sul territorio, si percorre la via
teologica quando s’afferma che il credo deobandi cade nella perversione
superstiziosa e idolatra ed è di per sé impuro. Poi si cerca di spezzare la
continuità col passato, sia del primo jihadismo anti russo dei mujaheddin, sia di
quello dei turbanti storici com’è stato il mullah Omar. Lui e Osama bin Laden
vengono rispettati come leader storici del jihad, non gli epigoni. Gli attuali eredi
della sacra lotta islamica sono, a detta della radio del Califfato, i miliziani
dell’Iskp.
(prima parte – continua)
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