Pungente, e in alcuni tratti tagliente, la
valutazione offerta dall’emittente Al
Jazeera sul recente congresso di Fatah, tenuto a Ramallah dal 29 novembre
al 4 dicembre scorsi. Un’assise che per la tivù qatarina (ovviamente più vicina
ad Hamas) ha riproposto come fulcro nella politica del partito e nei ruoli di
presidente e leader dell’Autorità Nazionale Palestinese non tanto l’ombra, ma
la sostanza dell’ottantunenne Abu Mazen.
Presenza ingombrante, non desiderosa di passare la mano ora che si vocifera di possibili
elezioni per quegli incarichi. Il partito che raccoglie anime ribelli e
rivoluzionarie e soggetti della più inamovibile burocrazia politica, epigoni
della diaspora dei capi profughi e notabili milionari ha rinnovato l’elezione
d’un establishment orientato al maschile con 18 membri del Comitato centrale
ultracinquantenni collocati in gran parte in Cisgiordania, dei quattro
rappresentanti della Striscia di Gaza, tre vivono nella West Bank. Rispetto a
quanto visto dal 2009, fase successiva allo scontro fratricida con Hamas
interno ai territori palestinesi, è venuta meno l’alleanza fra il grande
vecchio successore di Arafat e l’ambizioso e ambiguo rampante del gruppo:
Mohammed Dahlan. Anzi, le votazioni interne hanno sensibilmente premiato un ex
avversario di quest’ultimo, Jibril Rajoub, riciclato nel ruolo di ambasciatore
dello sport quale presidente della Palestinian Football Association. Secondo
indiscrezioni Rajoub avrebbe ricevuto pi preferenze dello stesso Abu Mazen. Ma
per l’emittente di Doha si tratta di questioni marginali, visto che Dahlan è
ritenuto un personaggio non più spendibile per la leadership, sia per i
trascorsi di conflitto aperto con Hamas e per la spregiudicata collaborazione
con Cia e Shin Bet, sia per la recente prossimità con l’autoritarismo di Sisi,
rivolto contro la micro economia dei tunnel, praticata da gruppi di gazawi. Insomma
Fatah è giudicato ancora come clan di potere monolitico che perpetua, a suo
totale disonore, quella real politik sul cui altare ha sacrificato il diritto
al ritorno. Una macchia giudicata indelebile su un princìpio considerato
irrinunciabile da molti.
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