S’infila nelle nozze l’esplosivo del terrore,
insanguina i sorrisi della sposa, i balli, la cerimonia dell’henné, una
tradizione nei matrimoni kurdi. Fa altri cinquantuno morti e una novantina di
feriti in quel gioioso incontro familiare che era anche festa comunitaria di
popolo a Gaziantep. L’esplosione s’è sentita in buona parte della città che
supera il milione di abitanti, a 60 chilometri dal confine siriano, divenuto
luogo di smistamento di miliziani jihadisti che vanno e vengono dalle devastate
aree del conflitto siriano. Viaggiano singolarmente o in piccoli gruppi, si
mescolano anche fra i profughi, che sono un’infinità, riuniti pure in questa
zona in campi di raccolta. Fra le vittime dell’ennesima strage registrata in
Turchia, tanti, tantissimi bambini che, danzando, circondavano gli sposi. Mentre
inquietante avanza l’ipotesi che ad azionare l’esplosivo posto in una cintura
da kamikaze sia stato un adolescente, mescolato al gruppo dei danzatori. Il
sospetto sull’Isis l’ha lanciato in un intervento ufficiale il presidente
Erdoğan che non ha perso occasione per riprorre la tesi d’un Paese sotto attacco
da più parti “Non c’è differenza fra i 70
martiri che il Pkk ha prodotto nell’ultimo mese colpendo personale della
sicurezza, il tentato golpe dei Feto che ha fatto 240 vittime e l’attentato di
queste ore a Gaziantep”. E ha ricordato come ci sia chi insinua terrore
etnico fra le varie comunità della Turchia.
Le dichiarazioni del partito di governo, che ha
parlato tramite un suo parlamentare Samil Tayyar, ricordando come proprio oggi
si teneva un incontro sulla sicurezza fra presidente, premier Yıldırım e alcuni ministri, avvalorano l’ipotesi
d’un attentato di matrice jihadista, come quello che aveva colpito l’aeroporto
di Istanbul a fine giugno, facendo 44 vittime. L’intento palese è anche quello
d’innalzare ulteriormente il senso d’angoscia della popolazione, limitarne la
presenza in strada com’era già accaduto nell’attentato contro le manifestazioni
di piazza a Suruç e Ankara nella scorsa estate. Colpire una festa di matrimonio
mira a limitare la presenza pubblica della gente, a respingerla in casa, un po’
come accade a Kabul in cui non si sta sicuri neppure nelle sale degli hotel
dove possono tenersi cerimonie pubbliche o private. I sospetti sulla matrice
del Daesh, intenzionato a colpire i kurdi che nel Rojava con le Unità di difesa
del popolo combattono i miliziani neri, riguardano l’impegno politico dello
sposo, indicato come un militante dell’Hdp. Il suo matrimonio raccoglieva fra
gli invitati membri locali e simpatizzanti della formazione politica invisa
all’Isis, come pure all’Akp. Gli sposi sono entrambi scampati all’ordigno che,
pur artigianale, ha seminato tanta morte. Ma forse dopo questa strage, la gioia
di future unioni non potrà più rimbalzare nei canti e nei balli di strada.
Nessun commento:
Posta un commento