Quel che Giulio Regeni ricercava e studiava, anche tramite quei contatti trasformatisi in una trappola (col responsabile del sindacato
ambulanti Mohamed Abdallah informatore del Mukhabarat), è una realtà difficile
da nascondere. Un Paese con gravissimi problemi economici, cui non bastano né i 16
miliardi di petrodollari sauditi, che chiedono in cambio la riacquisizione
dell’isola di Tiran sul mar Rosso e la creazione nel Sinai d’un porto franco
mercantile targato Riyad, né il miliardo e mezzo di dollari statunitensi
convogliati tutti sugli armamenti, mentre altri vengono dalla Francia. Gli
investimenti esteri risentono del clima d’insicurezza della nazione, il turismo
è in ginocchio, dimezzato dopo l’attentato all’airbus russo (già era dimezzato
dal 2013, nel 2011 contava 14 milioni di presenze), il Pil è bloccato. Piangono
i lavoratori nel settore industriale di Suez, dove una produzione scarsissima comporta
scarsissime richieste occupazionali e una disoccupazione record; mentre sul
mercato interno i prezzi dei manufatti registrano aumenti per la concorrenza
nulla. Così quel pezzo d’Egitto rimasto timoroso e silente di fronte alla
controrivoluzione di Sisi e pure i numerosi che, in odio all’Islam politico e
per amore del laicismo filoccidentale, avevano sostenuto il generale salvatore
della patria, sono costretti a fare i conti coi conti che non tornano.
La lira egiziana perde terreno, ufficialmente ne
servono circa nove per un dollaro, di fatto bisogna sborsarne 12.8. Ovviamente
al mercato nero del cambio, che la polizia dovrebbe impedire e invece tollera
perché anche questo è un sistema adottato da parecchi per sopravvivere. Certamente
sulla pelle d’altri, ma le “autorità” lasciano fare. Lo Stato sa pure che gran
parte del commercio, da quello dei beduini del Sinai ai mercanti cittadini,
risulta abusivo. All’ingrosso e al dettaglio, come ai tempi di Mubarak e
prim’ancora, però chiude gli occhi scambiando il lassismo con altri favori. A
molti ambulanti viene chiesto d’essere
informatori, raccontare quel che vedono e sentono per via, bersaglio:
concittadini, attivisti, stranieri, giornalisti. I lavoratori dipendenti temono
presente e futuro come evidenzia un’inchiesta del settimanale Al-Arham, prendendo spunto dagli usi e
costumi dell’Eid Al-Adha, la festa del sacrificio, che cade in occasione dell’appena
concluso mese del pellegrinaggio (Dhū I-Hijja). Il sacrificio della pecora,
praticato da molti musulmani, è diventato dispendioso per i costi sempre
maggiori del mercato ovino e bovino (più 20%). C’è stagnazione nel settore
primario dell’agricoltura e si scopre che parecchi allevatori cambiano
mestiere: per i ripetuti aumenti del prezzo del foraggio ritengono più
vantaggioso acquistare animali adulti da spedire al macello, anziché svezzarli
e crescerli.
Sebbene il regime copra, divaghi e impedisca ricerche
si vocifera d’uno scandalo del grano, con prezzi gonfiati. Gli autori sono
ufficiali statali, legati ad apparati delle Forze Armate che controllano
aziende di produzione e commercio agricoli. Ma lo staff di Sisi si prodiga a
divulgare altri messaggi, oltre a quello con cui recentemente ha dichiarato di
voler indicare un pesce grosso dei propri apparati polizieschi quale mandante
dell’omicidio Regeni, per allontanare Sisi stesso e il ministro dell'Interno Ghaffar dalle responsabilità
che li inchiodano. Invita i cittadini a partecipare alla campagna di ristrettezze
della nazione, predisponendo un variegato battage pubblicitario. La
cartellonistica stradale ne è uno degli elementi. Visibilissimo. Mega tabelloni
anziché promuovere un prodotto chiedono ai cittadini di partecipare alla
“riforma delle ristrettezze”, com’è stata definita da chi non vuole chinare del
tutto la testa. Le maggiori vie del Cairo e le autostrade verso il Mediterraneo
sono disseminate di questi messaggi che compaiono anche sui media. Ai sacrifici
gli egiziani, che danno una buona fetta della propria popolazione alla
migrazione nel bacino del Mediterraneo e non solo, sono abituati. Sacrifici
economici che finiscono in sacrificio della vita per chi parte sui battelli
della speranza e per chi resta a casa, finendo nelle galere dove si viene
trattati “alla Regeni”. Ora Sisi gli domanda un’ennesima stretta di cinghia, se
non vorranno trovarsi addosso le cinture d’un altro genere di trattamento.
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