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venerdì 8 gennaio 2016

Turchia, cadaveri nella neve

Cinquant’anni aveva Galip Gezginci, trentacinque Engin Şahinli. I loro  resti li ha conservati il gelo di questi giorni lungo una strada che porta a un villaggio chiamato Beşpınar, nel distretto di Çinar. Li hanno trovati distesi e rigidi alcuni abitanti locali, sfuggiti ai raid delle squadre della morte, non si sa se quelle ufficiali che vestono l’uniforme di esercito e polizia turchi, oppure quelle ufficiose, celate dal governo, denunciate dagli oppositori e su cui nessun magistrato indaga. S’ipotizza che anche questi killer appartengano agli apparati della forza, sono magari agenti dell’Intelligence, ma potrebbero essere anche mercenari o pattuglie di volontari sostenitori dell’Akp, già in azione negli assalti alle sedi del Partito Democratico del Popolo, prima e dopo il voto di novembre che ha ridato fiato al regime erdoğaniano. O ancora i mai scomparsi fascisti, Lupi grigi e dintorni, che nel rinnovato clima razzista di pogrom contro i kurdi ritrovano le antiche smanie omicide.

I due uomini provenivano da Lice nel distretto di Diyarbakır, paesino situato a oltre un centinaio di chilometri dal luogo dove sono stati trovati cadaveri. I due potrebbero essere stati rapiti e portati a sud, in aperta campagna, quindi assassinati, com’è già accaduto ad altri abitanti. Vittime non solo nel corso dei raid che costellano le settimane di coprifuoco oppure durante le conseguenti manifestazioni di protesta, ma fatti oggetto di pedinamenti ed esecuzioni sommarie nella guerra sporca osannata dal presidente come lotta al terrorismo. I killer di Stato colpiscono nella certezza dell’impunità garantita dal governo che ha lanciato il programma dell’eliminazione fisica dei combattenti del Pkk, ma utilizza il clima di scontro per praticare una pulizia etnica diffusa, non diversa da quella che la comunità kurda conobbe a metà degli anni Novanta. C’è chi, accanto ai raid, teme lo sradicamento totale, con la distruzione di villaggi, la dispersione della gente, la deportazione in altri luoghi.

Ora che il territorio oltre il confine turco è in totale subbuglio, spingere altrove i kurdi può rientrare nei programmi di recupero del territorio del disegno patriottico rilanciato dal “kemalismo islamico” di cui s’ammanta il presidente-sultano. Intanto fra il numero crescente di morti e gli arresti per ‘fiancheggiamento al terrorismo’ che coinvolgono politici, locali e nazionali, dell’Hdp nessuno si fa meraviglia dell’assenza totale di qualsiasi moto d’umanità. A Şırnak, dopo averli fatti bersaglio e uccisi, due giovani sono rimasti lì per ore. La macchia scura sul campo bianco si vedeva, come in un quadro di Bruegel, a distanza di centinaia di metri. Le donne urlavano, richiedevano quei corpi, invece niente. I responsabili ne impedivano per ore la raccolta delle povere spoglie. Loschi i soldati turchi facevano la guardia, come i repubblichini della X Mas sui trucidati di piazzale Loreto, nella Milano occupata.

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