Un po’ imbolsito,
evidentemente la crisi alimentare in corso non lo tocca, e ovviamente invecchiato il
decano presidente dell’Afghanistan americano, Hamid Karzai, si ripresenta al
suo popolo con un’intervista trasmessa da Tolo
tv. Rilancia un proprio ruolo di mediatore con l’Emirato di Kabul per la
formazione d’un governo inclusivo. I concetti ruotano attorno al processo di
pacificazione e riconciliazione del Paese in cui s’era impegnato l’ex
presidente Ghani, riparato presso gli Emirati Arabi Uniti all’arrivo delle
milizie talebane nella capitale. Quel dialogo inter afghano, presente negli
accordi di Doha che aveva visto il vice di Ghani Abdullah nel ruolo di
responsabile. Colloqui precedenti all’offensiva finale dei turbanti che un po’
trattavano, un po’ snobbavano l’assise convinti, come poi è stato, di poter
giungere al potere per dissolvimento dell’esercito e dell’amministrazione che
collaboravano con la Nato. Però la loro voglia di rivincita, le promesse d’una
trasformazione di fatto inesistente, l’assenza d’integrazione di altre componenti
politiche (sebbene su alcune figure come Ghani o nuove proposte quali Massud
junior Baradar e soci avessero posto il veto) e ancora la stretta sulle
professioni al femminile e sulla stessa scolarizzazione delle ragazze, oltre alla
persecuzione di donne che avevano ricoperto ruoli politici, amministrativi e
militari nella vecchia gestione, hanno portato la Comunità internazionale a
uniformarsi al blocco degli aiuti lanciato dalla Casa Bianca. Uno stallo che da
settembre scorso ha congelato anche i fondi (9.5 miliardi di dollari) destinati
alla nazione. Da qui l’isolamento che però non giova all’Emirato. E la ricerca
di sponde dalla Cina, vogliosa di proseguire i suoi affari minerari in aree
pacificate, ma meno propensa a spendersi per il riconoscimento del governo
talebano in consessi geopolitici rispetto a Pakistan e Iran. Quindi per
smuovere acque rimaste ferme e congelate nell’inverno in corso, il vecchio
Karzai che è pur sempre un capobastone d’un ramo pashtun che conta, si rifà
sotto sottolineando la necessità d’uno sblocco dello stallo. Afferma che
l’isolamento è sconveniente per tutti: “Il
mondo vuole un governo inclusivo? lo vuole l’Onu? Un governo che rappresenti ogni
componente, assicuri i diritti delle donne e il loro inserimento nella società?”.
Visto che l’Emirato starebbe provando ad accettare un rilancio del confronto
inter afghano, la strategia internazionale dovrebbe mutare. Dunque, anche la
redistribuzione degli aiuti tramite dipartimenti governativi, Ong, Nazioni
Unite. Il nuovo inviato speciale statunitense per gli Affari afghani, Thomas
West, indica all’Emirato Islamico la via di questo genere di consultazione
interna per una gestione condivisa. La contraddizione è che gli interlocutori
sarebbero vecchi e nuovi padroni d’una nazione azzerata. Col popolo che resta a
guardare affamato e in affanno.
Nessun commento:
Posta un commento