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mercoledì 29 settembre 2021

Tunisia, una donna come amica

La Tunisia ha una figura femminile nella carica di premier: Najla Bouden Romdhane, sessantatrè anni, docente alla Scuola nazionale d’ingegneria della capitale. L’ha scelta il presidente Kaïs Saïed con l’intento di stabilizzare caos interno e corruzione. Robocop, come viene definito il Capo di Stato fra il dileggio e la mitizzazione di alcuni tratti del carattere marziale, ci ha lavorato per due mesi dopo il colpo di mano con cui aveva liquidato l’ultimo primo ministro, Mechichi, e bloccato il Parlamento. Due anni di sbando per la conduzione politica nazionale, dall’autunno 2019 con un primo incaricato, l’ex ministro delle finanze Fakhfakh, caduto dopo sei mesi per uno scandalo di milioni di dollari di mazzette; un primo gabinetto Mechichi a settembre 2020; un rimescolamento a inizio 2021 sino alla crisi dello scorso luglio. Di mezzo la pandemia Covid che ha mietuto vittime, certo meno che altrove, ma ha messo a nudo carenze sanitarie,  disorganizzazione amministrativa, mancanza di qualsivoglia programmazione d’intervento preventivo. L’escamotage d’una premier donna, la prima nel mondo arabo, è un assist per se stesso, per il decisionismo con cui Saïed ha forzato la mano in una situazione di logorio e stallo, peraltro polarizzata e comunque critica economicamente e socialmente. E’ un segnale all’avversario principale, il partito islamico Ennahda, che nella contenuta tendenza moderata continua a essere diretto dall’anziano al-Ghannuchi e sulla questione di genere non è andato oltre il conferimento di seggi parlamentari, mostrando solo parziali aperture agli incarichi femminili.

 

Certo una nota parlamentare islamista, Saida Ounissi, è stata per circa un anno ministro del Lavoro sotto il governo Chahed, e sulle inchieste di corruzione che riguardano anche il suo partito (oltre ai gruppi politici Qalb Tounes e Ayich Tounes) afferma come sia in corso un eccessivo batti e ribatti mediatico cui non stanno seguendo prove giudiziarie. Ma sembrano dichiarazioni di circostanza volte più ad ammorbidire i contrasti col Capo di Stato che acuirli, dopo le accese proteste islamiste seguìte alla chiusura dell’organo legislativo. Visto che spetterà a una donna avviare le consultazioni per cercare la formazione d’un esecutivo minimamente stabile, e soprattutto capace d’intervenire su alcuni nodi cruciali: la mancanza di lavoro che determina una migrazione disperata, le parlamentari velate potrebbero risultare più utili al confronto della vecchia guardia ghannouciana, sempre che questa le coinvolga negli incontri di vertice. Intanto Saïed non ha perso l’occasione di “suggerire” alcuni temi indispensabili da trattare immediatamente: sanità, trasporti, scuola. Comunque il terreno su cui il prossimo governo tunisino dovrà immediatamente muoversi è quello del supporto finanziario. Il gioco di sguardi, e non solo, fra le figure istituzionali (presidente e premier) e il Fondo Monetario Internazionale può iniziare, si sa che il rapporto non è mai disinteressato. Nonostante l’azzardo di luglio abbia accresciuto e non diminuito la popolarità di Robocop (risulta che oltre alle Forze Armate anche i sindacati oggi sostengano il Capo di Stato) lo sgarro alla democrazia parlamentare fatto passare come “misure eccezionali” è il vulnus da sanare nelle prossime settimane per rilanciare una collaborazione nazionale, fra i partiti e fra le parti. La sensibilità d’una donna leader potrà fare il miracolo? Il potere maschile, laico e islamico, consentirà questo percorso?   

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