La Tunisia ha una figura femminile nella carica di premier: Najla Bouden Romdhane, sessantatrè
anni, docente alla Scuola nazionale d’ingegneria della capitale. L’ha scelta il
presidente Kaïs Saïed con l’intento di stabilizzare caos interno e corruzione. Robocop, come viene definito il Capo di
Stato fra il dileggio e la mitizzazione di alcuni tratti del carattere
marziale, ci ha lavorato per due mesi dopo il colpo di mano con cui aveva liquidato
l’ultimo primo ministro, Mechichi, e bloccato il Parlamento. Due anni di sbando
per la conduzione politica nazionale, dall’autunno 2019 con un primo
incaricato, l’ex ministro delle finanze Fakhfakh, caduto dopo sei mesi per uno
scandalo di milioni di dollari di mazzette; un primo gabinetto Mechichi a
settembre 2020; un rimescolamento a inizio 2021 sino alla crisi dello scorso
luglio. Di mezzo la pandemia Covid che ha mietuto vittime, certo meno che
altrove, ma ha messo a nudo carenze sanitarie,
disorganizzazione amministrativa, mancanza di qualsivoglia
programmazione d’intervento preventivo. L’escamotage d’una premier donna, la
prima nel mondo arabo, è un assist per se stesso, per il decisionismo con cui Saïed
ha forzato la mano in una situazione di logorio e stallo, peraltro polarizzata
e comunque critica economicamente e socialmente. E’ un segnale all’avversario
principale, il partito islamico Ennahda, che nella contenuta tendenza moderata
continua a essere diretto dall’anziano al-Ghannuchi e sulla questione di genere
non è andato oltre il conferimento di seggi parlamentari, mostrando solo
parziali aperture agli incarichi femminili.
Certo una nota parlamentare islamista, Saida Ounissi, è stata per circa un anno ministro del
Lavoro sotto il governo Chahed, e sulle inchieste di corruzione che riguardano
anche il suo partito (oltre ai gruppi politici Qalb Tounes e Ayich Tounes)
afferma come sia in corso un eccessivo batti e ribatti mediatico cui non stanno
seguendo prove giudiziarie. Ma sembrano dichiarazioni di circostanza volte più
ad ammorbidire i contrasti col Capo di Stato che acuirli, dopo le accese
proteste islamiste seguìte alla chiusura dell’organo legislativo. Visto che
spetterà a una donna avviare le consultazioni per cercare la formazione d’un
esecutivo minimamente stabile, e soprattutto capace d’intervenire su alcuni
nodi cruciali: la mancanza di lavoro che determina una migrazione disperata, le
parlamentari velate potrebbero risultare più utili al confronto della vecchia
guardia ghannouciana, sempre che questa le coinvolga negli incontri di vertice.
Intanto Saïed non ha perso l’occasione di “suggerire” alcuni temi
indispensabili da trattare immediatamente: sanità, trasporti, scuola. Comunque
il terreno su cui il prossimo governo tunisino dovrà immediatamente muoversi è
quello del supporto finanziario. Il gioco di sguardi, e non solo, fra le figure
istituzionali (presidente e premier) e il Fondo Monetario Internazionale può
iniziare, si sa che il rapporto non è mai disinteressato. Nonostante l’azzardo
di luglio abbia accresciuto e non diminuito la popolarità di Robocop (risulta che oltre alle Forze
Armate anche i sindacati oggi sostengano il Capo di Stato) lo sgarro alla
democrazia parlamentare fatto passare come “misure eccezionali” è il vulnus da
sanare nelle prossime settimane per rilanciare una collaborazione nazionale,
fra i partiti e fra le parti. La sensibilità d’una donna leader potrà fare il
miracolo? Il potere maschile, laico e islamico, consentirà questo percorso?
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