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giovedì 30 settembre 2021

Il venditore d’idee che resta a Kabul

Saldo come lo scaffale della libreria dietro cui si fa immortalare da fotografi e videomaker che lo vanno a scovare, Muhammad Rais, resiste più dei Budda di Bamyan. Non lo toccarono i talebani della prim’ora, non lo toccheranno gli attuali, pensa lui fiducioso. Ormai è un simbolo, si sta invecchiando come gli oltre ventimila volumi che possiede e commercia nella sua bottega, una delle librerie più fornite dell’Afghanistan e non solamente. E’ attivo dal 1974, quando fu scacciato il re Mohammed Zair Shah. Ha visto passare tutta la terribile storia del Paese narrata sul fronte geopolitico: invasione sovietica, guerra civile, primo Emirato, invasione Nato, ritorno talebano. Con la smania di fuga vissuta da tanti connazionali, quelli riusciti a partire, una minoranza, quelli che vorrebbero farlo, numeri esagerati, Rais, cercato da molti media per la sua storia, conferma uno stato di tranquillità. Ne ha viste tante, non si scompone. Ha ricordato alla testata The Nation, quando i russi lo imprigionarono per aver esposto pagine jihadiste dell’epoca, decreti del mullah Omar, e periodici provenienti dal Pakistan. Può testimoniare come durante l’occupazione ufficiali statunitensi si recavano nel suo spazio d’informazione e sapere a cercare testi vietati. E’ convinto di non correre rischi e qualora finisse nuovamente recluso, non rinnegherebbe l’amore per un’attività per la quale è disposto a farsi torturare e pure uccidere. La sua è una passione, prim’ancora d’una missione, rappresentata dall’essenza dei libri: divulgare nozioni, d’ogni tendenza ed epoca. In effetti Rais è entrato nella storia degli ultimi travagliati cinquant’anni afghani. Trattando, nonostante una temporanea repressione e problemi logistici, testi d’ogni genere, compresi quelli sui misfatti dei turbanti, le atrocità sovietiche e statunitensi.  La libreria dà lavoro a giovani addetti, uno, padre di tre figli nonostante i ventisei anni d’età, aveva perduto una precedente occupazione al ministero che all’arrivo dei taliban s’è desertificato. Differentemente da certi colleghi questo giovane non è corso all’aeroporto Karzai, sperando di agguantare un volo per l’Occidente. E’ riparato da Rais e dal suo esercizio riconosciuto come un’istituzione. Certo, i problemi finanziari in corso, il blocco dei nove miliardi di dollari degli aiuti internazionali al Paese disposti da Biden contro il nuovo regime, non fanno circolare denaro. Proseguono le scene dei primi giorni dalla conquista talebana, con le banche chiuse davanti a code di cittadini speranzosi di raccattare anche solo qualche manciata di banconote locali. E se non c’è liquidità per acquistare cibo, figurarsi se si possono vendere libri… Eppure la forza del Rais sta nell’atavica coscienza della funzione del libro, dall’invenzione della carta e della stampa, dalla civiltà cinese all’imprenditoria di Gutenberg. E guardando fiducioso al futuro, parla anche di digitalizzazione, orgoglioso rivela d’aver iniziato a riprodurre opere rare in PDF.

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