Per l’attentato di stamane a Kabul, non c’è stata
rivendicazione. Almeno per ora. Ma l’uccisione di uno dei più noti volti di
Tolo tv, Yama Siawash, fatto saltare in aria assieme a due persone da un
ordigno piazzato sotto il suo camioncino di servizio, può far comodo a ogni componente
bombarola, talebana o statoislamista. Ad accorrere verso il veicolo avvolto
dalle fiamme sotto la casa del
giornalista sono stati il padre e il fratello, ma i soccorsi sono risultati vani,
probabilmente il congiunto era deceduto con l’esplosione, prima che il fuoco
avvolgesse l’abitacolo. Da poco tempo Siawash prestava servizio presso la Banca
Centrale afghana in qualità di consigliere. La polizia sta indagando, ma come
ogni inchiesta locale, sarà difficile chiarire se le cause dell’attentato
possano essere riconducibili alla nota attività comunicativa dell’uomo o alla
recente collocazione che inevitabilmente l’avvicinava ai palazzi del potere. Sia
Abdullah, attualmente al vertice del gruppo di conciliazione nazionale che
presiede i colloqui inter-afghani, sia il presidente Ghani hanno bollato il
crimine come ‘imperdonabile’. Com’era
già accaduto per l’attacco lanciato all’Università di Kabul, rivendicato
dall’Isil e attribuito ai talebani da parte del vicepresidente Saleh, anche in
questa circostanza un membro governativo accusa una fazione talebana. Il
ministro dell’Interno sostiene che ci sia la mano del network di Haqqani, un
clan dissidente dell’area taliban, poco propensa alle trattative in corso
assunte dalla maggioranza della Shura di Quetta.
Dopo un iniziale tentennamento, il gruppo di Haqqani,
è parso accettare la posizione interlocutoria scelta dalla maggioranza dei
turbanti, non è chiaro in base a quale informazioni e convincimenti il
responsabile degli Interni sostenga la sua tesi. Rispetto a quanto s’è visto da
un anno a questa parte, dopo un iniziale adesione al cessate il fuoco, i
talebani in varie province hanno ripreso l’offensiva contro obiettivi militari
afghani, sottolineando appunto la tipologia dei soggetti colpiti. Ed escludendo
altri attacchi. A rigor del vero nei mesi scorsi anche l’Afghan Security Forces
ha ripreso i combattimenti contro le milizie talebane. Fra loro la
pacificazione non esiste neppure sulla carta. Mentre i gruppi jihadisti, quello
del Khorasan risulta il più strutturato, nel proseguire agguati e attentati
offrono la doppia dimostrazione di poter agire contro chiunque e beffano gli
stessi talebani sulla scottante questione del controllo del territorio. Alcuni
osservatori sostengono che le ipotesi di addebitare ai turbanti attentati come l’attuale
a Siawash oppure il precedente all’università (lì le vittime sono salite a
ventiquattro) sia opera propagandistica della componente governativa che
disdegna l’accordo coi taliban. Una posizione incarnata in primo luogo dal
presidente Ghani. Frattanto l’ufficio statistico delle Nazioni Unite ha
calcolato nel Paese un aumento del 50% di violenze negli ultimi tre mesi. Fra
le vendette trasversali consumate in questi giorni spicca quella verso Zarifa
Ghafari, attivista che Ghani ha scelto come sindaco di Maidan Shahr, capitale
del Wardak. Un paio di giorni fa le è stato ucciso il padre.
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