Un luogo severamente proibito e duro, dove resistere contro la natura è quasi più difficile che
contro il nemico. Indiani e cinesi si fronteggiano attorno al ghiacciaio
Siachen, con i suoi oltre cinquemila metri d’altitudine già definito il più
alto campo di battaglia della terra. Gli indiani l’hanno occupato e costituisce assieme all’area più meridionale del Ladack
un’altra, e sicuramente più difficoltosa, zona dove i due giganti asiatici sono contrapposti. Finora a suon di spranga. L’episodio sanguinoso, con venti
vittime tutte indiane, risale al giugno scorso, ora i militari coinvolti nel
pattugliamento sono decine di migliaia su entrambi i fronti. Col sopraggiungere
della stagione invernale gli esperti di Delhi sono preoccupati per la tenuta
delle proprie truppe non abituate a quei luoghi, assolutamente spopolati, e
soprattutto a un certo clima. La differenza con un altro confine conteso, la
linea di controllo (LoC) con il Pakistan, è sostanziale. Nei punti dov’è
aumentato il numero dei militari impiegati nella contrapposizione ai reparti di
Pechino, anch’essi cresciuti di numero all’acuirsi della crisi, il clima freddo
mette paura. E’ una zona che varia dai 4200 ai 5400 metri di altitudine, un
frigorifero naturale dove la temperatura raggiunge i meno quaranta gradi, per giunta
è un luogo ventoso, e stare fermi all’aperto per tempi anche non
particolarmente lunghi può causare congelamenti. Oltre all’ipotermia, a edema
polmonare e cerebrale, altri pericoli possono provenire dall’esposizione ai
raggi ultravioletti per la rarefazione dell’atmosfera. Mantenere uomini pur
equipaggiati da montagna in quelle condizioni estreme, può produrre danni seri
o letali. Le difficoltà non afferiscono esclusivamente a questioni climatiche,
l’ambiente è ostile per tanti aspetti, la presenza di venti gelidi comporta
anche il trasporto di materiale sabbioso che congelato diventa tagliente. Chi è in quelle condizioni deve proteggere adeguatamente ogni centimetro del
corpo. I comandi indiano e cinese dovranno prevedere
turni di guardia brevi, inevitabilmente aumentando la quantità di militari
impiegati con tutte le conseguente logistiche del caso. Nel corso dell’estate è
iniziato lo stoccaggio di vari materiale, compresi milioni di litri di
carburante destinato a riscaldare i baraccamenti d’alta quota.
Le condizioni locali impongono un vestiario protettivo
del peso di circa otto chili, cui occorre aggiungere un kit di altri 18 kg, fra
armi, munizioni e ulteriori strumenti operativi. La stampa di Delhi ha diffuso
notizie che la tipologia d’abbigliamento necessaria ha reso necessarie commesse provenienti
da aziende europee superspecializzate sui capi da alpinismo, una vera beffa per
l’India fabbrica del mondo di tante merci. Ciò che preoccupa maggiormente i
medici è la permanenza in un luogo tanto ostile non di atleti superallenati
come gli scalatori delle pareti dell’Himalaya, bensì di uomini, seppure in
giovane età, per lunghi periodi. Una scalata, accanto alla preparazione, ha i
suoi tempi di durata e, imprevisti a parte, ha un termine. I pattugliamenti non
richiedono performance in altura, però dureranno l’intero inverno, quindi fino ad aprile inoltrato. Pur ruotando, trovarsi a quelle
temperature, talvolta in preda alle intemperie, può produrre serie alterazioni delle funzioni fisiologiche (disordini alimentari e quelli
legati al ricambio) e addirittura vitali (pressione arteriosa, problemi
respiratori e altro). Per tacere di possibili limiti di tenuta psicologica. Insomma il contrasto di confine pone un buon numero di
militari dei due Stati a obbedire a ordini per controllare una fascia di
territorio totalmente inospitale per chiunque e per non correre rischi di
perdere unità si dovranno escogitare soluzioni. Inoltre interventi d’emergenza, ad esempio il trasporto in
elicottero all’ospedale del campo base di soggetti bisognosi di cura, sono legati
alla meteorologia e nei mesi invernali i forti venti di quella zona impediscono
questi voli. Dopo i gravi incidenti di fine primavera, e dopo
un iniziale irrigidimento delle parti che s’incolpavano a vicenda, le due
nazioni hanno iniziato a parlarsi per provare a risolvere la controversia. Finora hanno inanellato sei incontri fra gli alti comandi. Si sono
mosse anche le reciproche diplomazie che hanno sottoscritto a Mosca “cinque
princìpi-guida” da applicare: non aumentare il numero dei
militari impegnati, rafforzare la comunicazione sul terreno, rifuggire
incomprensioni e valutazioni errate, astenersi da mutare unilateralmente la
situazione sul terreno, evitare ogni operazione che possa complicare i
rapporti. Il primo dei propositi risulta strategicamente il più importante. Però bisognerà fare i conti col comandante supremo dei luoghi: il
generale inverno.
Nessun commento:
Posta un commento