La giostra afghana, dove tutti hanno perso la faccia dicendo ogni
cosa e il suo contrario, prosegue la corsa. L’ultima, conseguenza del giorno di
chiusura del Ramadan, è la piccola tregua di tre giorni proposta dai talebani
proprio per l’Eid e immediatamente sottoscritta da Ghani. Questi, non più tardi
d’una settimana fa, aveva decretato azioni offensive contro i turbanti che
nell’anno di colloqui coi rappresentanti statunitensi lo avevano espressamente
tenuto fuori dalle trattative. Lui per ripicca non ha voluto applicare
l’accordo sulla liberazione dei prigionieri. Così stava saltando un po’ tutto,
perché i talebani riprendevano le offensive contro l’esercito di Kabul e Ghani
sosteneva di passare da azioni difensive a un’aperta ripresa delle ostilità.
Bombe, scontri e morti, naturalmente anche fra i civili, non sono mancati. Ora giunge
la proposta d’un gesto di ‘buona volontà’ presidenziale con la promessa di
liberare duemila prigionieri. Ma i turbanti hanno firmato per riaverne cinquemila
e tanti ne vogliono. In cambio lascerebbero mille militari afghani. Ormai la
conta passa a chi finora ha evitato d’incontrarsi, ufficiosamente agenzie
afghane sostengono che sono tornati in libertà mille miliziani e trecento
militari di Kabul. Se questo passo post Ramadan renderà i due fronti più
flessibili, il dialogo inter afghano, quello che introduce la ‘fase due’ della
pandemia del conflitto, potrà considerarsi iniziato.
Però, come per l’infezione della Sars CoV2, che
ufficialmente avrebbe colpito diecimila persone e prodotto circa un migliaio di
vittime, il fuoco del contagio della violenza potrebbe ripartire in ogni
istante. Anche perché, raggiunto il numero delle rispettive liberazioni, le due
parti dovrebbero patteggiare sull’assetto d’un nuovo Esecutivo. Per ora la rinnovata
diarchia Ghani-Abdullah ha di nuovo piazzato propri fedelissimi nei vari
ministeri, mentre i miliziani coranici si aspettano di ricevere anch’essi una
fetta di potere. Il loro leader Akhunzada ha sottolineato che, visti i
progressi compiuti a Doha, nessuno può permettersi di gettare al vento
l’opportunità di pacificare il Paese dopo diciannove anni di conflitto. Comunque
fra le intenzioni e i fatti parlano i dati forniti di recente dall’agenzia Onu
Unama. Dicono che, pur in clima di trattative, nell’ultimo anno è aumentato il
numero dei feriti civili, causati per il 25% da attacchi talebani (attentati
compresi) e per il 36% da azioni dell’esercito afghano (quelle definite
difensive da Ghani). E i turbanti, pur assecondando la proposta statunitense di
‘piano di pace’ che Trump vuole sfruttare a suo favore per le presidenziali di
novembre, accusano l’aviazione statunitense di aver aumentato dell’80% i raid
aerei, ampliando il numero delle vittime civili.
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