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lunedì 25 maggio 2020

L’Eid porta la tregua, i taliban vogliono tornare a Kabul


La giostra afghana, dove tutti hanno perso la faccia dicendo ogni cosa e il suo contrario, prosegue la corsa. L’ultima, conseguenza del giorno di chiusura del Ramadan, è la piccola tregua di tre giorni proposta dai talebani proprio per l’Eid e immediatamente sottoscritta da Ghani. Questi, non più tardi d’una settimana fa, aveva decretato azioni offensive contro i turbanti che nell’anno di colloqui coi rappresentanti statunitensi lo avevano espressamente tenuto fuori dalle trattative. Lui per ripicca non ha voluto applicare l’accordo sulla liberazione dei prigionieri. Così stava saltando un po’ tutto, perché i talebani riprendevano le offensive contro l’esercito di Kabul e Ghani sosteneva di passare da azioni difensive a un’aperta ripresa delle ostilità. Bombe, scontri e morti, naturalmente anche fra i civili, non sono mancati. Ora giunge la proposta d’un gesto di ‘buona volontà’ presidenziale con la promessa di liberare duemila prigionieri. Ma i turbanti hanno firmato per riaverne cinquemila e tanti ne vogliono. In cambio lascerebbero mille militari afghani. Ormai la conta passa a chi finora ha evitato d’incontrarsi, ufficiosamente agenzie afghane sostengono che sono tornati in libertà mille miliziani e trecento militari di Kabul. Se questo passo post Ramadan renderà i due fronti più flessibili, il dialogo inter afghano, quello che introduce la ‘fase due’ della pandemia del conflitto, potrà considerarsi iniziato.
Però, come per l’infezione della Sars CoV2, che ufficialmente avrebbe colpito diecimila persone e prodotto circa un migliaio di vittime, il fuoco del contagio della violenza potrebbe ripartire in ogni istante. Anche perché, raggiunto il numero delle rispettive liberazioni, le due parti dovrebbero patteggiare sull’assetto d’un nuovo Esecutivo. Per ora la rinnovata diarchia Ghani-Abdullah ha di nuovo piazzato propri fedelissimi nei vari ministeri, mentre i miliziani coranici si aspettano di ricevere anch’essi una fetta di potere. Il loro leader Akhunzada ha sottolineato che, visti i progressi compiuti a Doha, nessuno può permettersi di gettare al vento l’opportunità di pacificare il Paese dopo diciannove anni di conflitto. Comunque fra le intenzioni e i fatti parlano i dati forniti di recente dall’agenzia Onu Unama. Dicono che, pur in clima di trattative, nell’ultimo anno è aumentato il numero dei feriti civili, causati per il 25% da attacchi talebani (attentati compresi) e per il 36% da azioni dell’esercito afghano (quelle definite difensive da Ghani). E i turbanti, pur assecondando la proposta statunitense di ‘piano di pace’ che Trump vuole sfruttare a suo favore per le presidenziali di novembre, accusano l’aviazione statunitense di aver aumentato dell’80% i raid aerei, ampliando il numero delle vittime civili.

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