A dieci giorni dallo scossone elettorale rifilato dalla
Turchia metropolitana al partito di governo è in corso fra quest’ultimo e
l’alleanza fra repubblicani e İYİ Party un polemico scambio di battute sui
ricorsi presentati al Consiglio Elettorale Supremo. L’Akp - che ha perduto la
guida delle maggiori città: Istanbul, Ankara, Izmir, Adana, Antalya - sostiene la
tesi di errori di calcolo in svariati seggi di quelle stesse località e accusa
alcune commissioni per non aver vigilato a dovere nei seggi. In merito Meral
Akşener, ex esponente del partito nazionalista staccatasi dal Mhp e creatrice
dell’alleanza col secondo partito turco (Chp), ricorda polemicamente come fino
allo scorso anno gli uomini di Erdoğan non avevano nulla da eccepire sulla
macchina di controllo elettorale. Ora che si vedono sconfitti insinuano brogli
e mancata vigilanza. Si tratta di accuse boomerang: il governo deve comunque
rispondere della selezione operata sul personale che presiede le operazioni di
voto. Così la contestazione viene rimandata al mittente. Anche il leader del
partito repubblicano Kılıçdaroğlu sottolinea la pretestuosità delle proteste
dell’Akp che dovrebbe cercare le cause della sconfitta nella claudicante linea
economica dell’esecutivo.
Indice rivolto al ministro delle Finanze Berat Albayrak, genero di
Erdoğan, e che da un ampio spettro politico comprendente anche attivisti
islamici è considerato un parvenu politico, nonostante il curriculum di studi. Formato
nella School of Business Administration dell’Università di Istanbul, il figlio
del giornalista Sadik (amicissimo di Recep Tayyip tanto da essere membro del
Partito del Benessere, predecessore dell’Akp) entrò a far parte della “Çalık
Holding” appena ventunenne e dopo un triennio venne nominato direttore
nazionale della multinazionale negli Stati Uniti. Per la cronaca la Çalık,
fondata negli anni Ottanta dall’imprenditore Ahmet attivo nel settore tessile e
divenuto uno dei Paperoni della Turchia liberista, ha cavalcato l’onda del boom
economico del Paese. Il rapporto con gli ambienti politici è servito al tycoon,
naturalmente dotato di buon fiuto imprenditoriale, ad ampliare i settori
d’intervento e i mercati stessi. Quindi minerario, costruzioni, energetico,
finanziario sono diventati i settori in cui il gruppo si cimenta mentre negli
anni Novanta l’indipendenza dei Paesi dell’ex Urss spalancò le porte per nuovi
affari. Cui s’aggiunse la telefonia, oltreché la creazione di settori bancari
per quelle invenzioni politiche dell’Unione Europea su volere statunitense qual
è stato il Kosovo.
Il giovane Berat, che aveva sposato Esra Erdoğan, quale
amministratore delegato della Holding ne seguì l’attività sino al 2013 poi
rientrò in patria. Nelle travagliate elezioni del novembre 2015 fu nominato
ministro dell’Energia e quella gestione venne
additata come prologo della crisi turca esplosa lo scorso anno. Le
società elettriche accumularono miliardi di dollari di debito, prendendo in
prestito denaro per attività di espansione non sempre brillanti e in varie
occasioni speculative. Albayrak era finito anche nello scoop del quotidiano The Indipendent che tramite email
“hackerate” evidenziava un rapporto fra il Berat, manager e non ancora ministro,
e la compagnìa turca “Powertrans” che riceveva dal governo il monopolio del
trasporto petrolifero in Anatolia dai pozzi del Kurdistan iracheno. Cui, però,
s’aggiungeva anche il petrolio estratto dall’Isis nei territori definiti del
Daesh. A posteriori un dispaccio della Cia definì quelle accuse infondate, ma
gli esperti lo giudicarono un favore al presidentissimo Erdoğan riapertosi
all’Occidente. Di fatto quando nel luglio 2018 Albayrak s’è ritrovato su nomina
presidenziale ministro delle Finanze, la Borsa ha registrato turbolenze, e gli
analisti economici sottolineavano il disagio degli investitori verso una figura
controversa e giudicata priva di competenze.
Ora proprio da fonte governativa s’apprende che il
ministero in questione amplierà i propri obiettivi (che comprendono anche il
Tesoro) diventando ancora più potente. La decisione rientra nelle riforme
previste ed è stata annunciata dal ministro stesso che in queste ore evidenzia
la scelta di rafforzare il capitale degli istituti statali (sono previsti
cinque miliardi di dollari) come primo passo compiuto dall’esecutivo per
rendere robusti i bilanci della banca centrale. La stampa turca non certo
d’opposizione (Hürriyet) afferma che
Albayrak sta ricercando, anche col supporto di associazioni bancarie, un
sostegno di istituti privati. Mentre viene studiato un nuovo sistema
pensionistico basato sul reddito dei cittadini che, a detta degli esperti del
dicastero, accumulerà fondi superiori al 10% del prodotto interno lordo. Il
ministro sorprende gli analisti economici quando afferma che la Turchia sta
facendo i passi giusti per garantire un buon funzionamento del settore finanziario.
E’ solo propaganda per lenire il colpo elettorale che in ogni caso ha incrinato
il rapporto con l’elettorato urbano o c’è di più? Intanto il presidente parla d’altro:
tornando sul tema della sicurezza durante la festa della polizia ha ricordato
la pulizia interna al corpo che ha incarcerato oltre 30.000 aderenti alla
struttura Fetö e ne ha licenziati 31.000.
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