Nella
graduale disamina delle elezioni libanesi, che riguarda pur sempre
l’amministrazione delle municipalità, accanto al non voto è presente quel
sostegno rivolto a liste locali solo apparentemente distanti da partiti e
confessioni. Qualche osservatore che già azzarda considerazioni su
un’emancipazione dalla logica delle famiglie, da decenni mano allungata sulla
politica della nazione, deve ammettere come all’ombra delle liste in competizione
ci siano pur sempre partiti politici e gruppi confessionali rivolti al controllo
di ogni territorio. Così parlando del Balbeek, località inserita nella celebre area
della Bekaa a maggioranza sciita, il voto della comunità ha sostenuto candidati
vicini a Hezbollah. E nei seggi di alcuni villaggi isolati, alcuni candidati a
loro dire ‘indipendenti’ hanno rivelato alla stampa presunte irregolarità messe
in atto dai supporter del Partito di Dio con seggi tenuti aperti sino alle
quattro del mattino della giornata di lunedì, a fronte di una chiusura degli
stessi alle 23:30. Il tutto per aumentare il flusso elettorale. Fra le
lamentele si registrano pressioni sulla popolazione affinché votasse per i
candidati indicati dal Partito. Gli attivisti sciiti smentiscono, ma nonostante
un numero contenuto di elettori quel che manca è un monitoraggio totale dei
luoghi di voto per verificare la veridicità di accuse e difesa. La cosiddetta “Associazione
per la democrazia delle elezioni” non ha potuto collocare osservatori in
ciascun collegio e in varie situazioni non ha coordinato le relazioni
provenienti dal territorio. Almeno finora.
Egualmente
in taluni distretti dove la concentrazione confessionale cristiana è
maggioranza per richiamare i propri fedeli ai seggi, a seguito di un’affluenza scarsa
che già dal primo pomeriggio di domenica faceva pensare a basse percentuali di
partecipazione, sono state fatte suonare le campane delle chiese. Un
din-don-dan per risvegliare ‘fratelli e sorelle’ recalcitranti al voto. Domenica
prossima si voterà nel governatorato del Monte Libano e bisognerà vedere se la
chiamata sarà ancor più militante. Lì è storicamente presente la componente reazionaria
dell’elettorato cristiano, quel partito Falangista della famiglia Gemayel ormai
giunto, con Sami e Nadim, alla terza generazione di un clan talmente
combattente che è stato anche decimato da attentati. Certo si tratta di
rappresentanze municipali ma è egualmente atteso un confronto piccante. Eppure
un testa a testa previsto fra il candidato del Kataeb, Ziyad Hawat governatore
uscente, e la Corrente Patriottica Libera di Aoun non ci sarà, perché
quest’ultima ha deciso di ritirare il proprio rappresentante Abou Younés. Il
bello che per bocca di quest’ultimo la Corrente afferma che Hawat nella
precedente gestione s’è reso responsabile di trasgressioni. Eppure tutto vien
fatto cadere, anche una battaglia per rilanciare una buona amministrazione. Però
tutto ha un perché, prima delle elezioni i due gruppi contendenti nella regione
avevano cercato un accordo che non è venuto. Il mai morto realismo politico fa
pensare che evitare lo scontro possa ripagare la controparte nella roccaforte
dell’avversario. Così il potere viene cogestito, magari con quote
diversificate, e tutto resta come sempre. Gratta gratta la vecchia politica in
tante situazioni torna a galla e non demorde.
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