In barba a
ogni tattica diversificatrice, che nei mesi scorsi l’ha condotto al cospetto
del temuto Pakistan e anche a sondare l’ipotesi d’un rilancio di trattative coi
talebani interni (rete di Haqqani e alleati), il presidente afghano Ghani ha ripreso
la strada maestra tracciata dal grande tutore statunitense. Nell’intervento
tenuto ieri alla Casa Bianca ha avallato la dichiarazione del presidente
americano che vuole mantenere sul territorio un certo numero di suoi soldati. Novemilaottocento
è stato precisato, senza chiarire se questi si sommano ai tredicimila fra
marines e specialisti della preparazione antiguerriglia che, secondo il Bilateral Security Agreement, sarebbero
rimasti in terra afghana sino al 2016 e oltre. Il motivo addotto sono
ovviamente le ragioni di sicurezza che evidenziano l’impreparazione del pur
cospicuo esercito locale, spesso infiltrato da miliziani talebani autori di
agguati dall’interno, vestendo la divisa delle Forze armate. Nelle settimane
seguite all’annuncio del ritiro le vittime americane erano diminuite,
rilanciando la presenza potrebbero ricrescere. Ghani ha ringraziato le Forze
Armate alleate per il sacrificio di sangue passato e futuro a favore della
nazione afghana (sic).
S’è poi barcamenato
nell’affermazione che la copiosa partenza delle truppe Nato dal proprio Paese
non ha prodotto quel collasso del sistema che era stato vaticinato da alcuni
osservatori internazionali. Un concetto antitetico ai timori sulla sicurezza
che hanno spinto Obama a fermare altri militari e Ghani ad accettarne la mossa,
come lui stesso ha dichiarato per “interessi e sforzi collettivi”. Questa
disponibilità di Kabul alle decisioni americane frutteranno un ulteriore aiuto
di 800 milioni di dollari come fondo per le Forze armate afghane che ormai
ammontano a 350.000 unità. A suggellare l’identificazione coi suggerimenti
d’Oltreoceano giunge anche la definitiva formazione dell’esecutivo che verrà
ufficializzato il 1° aprile. Fra i sedici nuovi ministri anche quattro donne:
Dilbar Nazari agli Affari femminili, Salamat Azimi al dicastero antinarcotici,
Farida Momand all’educazione, Nasrin Oryakhel al lavoro e affari sociali. Le
prime due sono uzbeke come il vicepresidente e signore della guerra Dostum, le
restanti risultano sostenute da Ghani o molto vicine alla sua fazione.
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