Torna in strada al Cairo, Alessandria, Fayoum la protesta anti golpe e trova
una repressione, secondo il ministro dell’interno attenta a non coinvolgere i
cittadini, coloro che sollevano l’icona Sisi ormai atteso alla definitiva
consacrazione per la corsa alla presidenza. Tornano in strada uomini e donne di
Raaba, incontrano la morte in tre, con una trentina di feriti e 47 arrestati.
Un rito che per qualche settimana il movimento delle quattro dita aveva evitato
e che ripropone il medesimo schema dell’impari lotta. Nel frattempo gli animi
si sono nuovamente scaldati attorno al report sulla repressione presentato
giorni addietro nella capitale dal Consiglio Nazionale dei Diritti Umani che
mostrava le responsabilità dei massacri d’agosto. Ad alcuni attivisti della Fratellanza
veniva addebitato l’utilizzo di armi da fuoco all’inizio dei tumulti, cui era
seguita la reazione poliziesca che aveva fatto 800 vittime (l’Alleanza per la
Legittimità sostiene siano state almeno il doppio). Un’azione spropositata,
secondo documento, tacciato a sua volta di avallo delle posizioni
governative. Infarcito di false
affermazioni attribuite ad Amnesty International che, interpellata dal
movimento di opposizione, ne ha categoricamente smentito la versione.
Il report non attribuisce responsabilità repressive
all’esercito e qui, secondo gli
attivisti, c’è la mano diretta del ministro della Difesa Al Sisi impegnato ad
allontanare ogni ombra dai suoi uomini. Non fa altresì menzione di cecchini piazzati
sui palazzi che sparavano sulla folla con armi di precisione (com’era già
accaduto nel novembre 2011 attorno al viale Muhammad Mahmood). Né dei bulldozer
che ammassavano a mucchi i cadaveri impedendo che venissero identificati e
pietosamente accuditi dai parenti per l’estremo saluto. Da ciò l’accusa d’una
parzialità mascherata da presunto lavoro di controinformazione, basato invece esclusivamente
sui filmati di Ontv di proprietà di Naguib Sawiris (uno degli uomini d’oro
d’Egitto con un patrimonio calcolato da Forbes attorno al 3 miliardi di
dollari, quello del fratello Nassef s’aggira sui 7) escludendo altre
registrazioni di quelle drammatiche ore. Né è stata raccolta la testimonianza
di alcun reduce delle tre giornate di sangue. Dunque un’operazione volta a
giustificare agli occhi dell’opinione pubblica, interna e straniera, la
repressione come una necessità. La stessa con cui adesso che le proteste sono
proibite per garantire la sicurezza nazionale, costringe gli uomini in nero a
far fuoco strizzando sul mirino uno di quegli occhi da giovane povero che
diventa carnefice per il bene della patria.
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