Hanno iniziato a ricredersi i ribelli laici che sei
mesi fa spingevano l’ondata popolar-populista d’Egitto verso l’esercito “amico
della gente”. Agli attivisti più sensibili la carneficina d’estate aveva
annunciato l’aria: “Oggi ai fratelli,
domani a noi” dicevano. Ora che l’ipotesi si materializza riscendono in
strada accanto ai coetanei islamici e trovano la repressione di sempre. Il
tempo trascorso segna però un’aggravante, non in quella parte del Paese mai
mutata: ieri con Mubarak e Shafiq, oggi col generale Al-Sisi, e sempre acquiescente
alle mire imperialiste occidentali. Bensì con l’ennesima riscrittura della
Carta Costituzionale, che ratifica misure ancor più draconiane capaci di fomentare
crude e reiterate repressioni. Giovedì è stato il turno dello studente
d’ingegneria Mohamed Reda. Colpito a morte davanti all’università cairota (il
ministro dell’Interno sostiene che sia stato ucciso dalle armi dei dimostranti),
mentre quattordici adolescenti di Alessandria trovavano una condanna rapida e
pesantissima: undici anni per un sit-in che aveva bloccato il traffico, per i
giudici un vero attentato alla sicurezza di cittadini e forze dell’ordine.
C’è un
articolo, il 174 della nuova Costituzione, che ratifica questo “crimine”
per il quale il cittadino ritorna a essere giudicato dai Tribunali militari,
come sotto la Giunta Tantawi dei sedici mesi post Mubarak. Se le fasi politiche
hanno dei simboli, quello di “garanzia” offerto dal liberale Amr Moussa,
presidente dell’assise che ha curato gli emendamenti alla Carta, è l’immagine
del vecchio potere ambiguo e servile. Dopo estenuanti tira e molla si propone di
sottoporre a Referendum popolare nel prossimo mese di gennaio le seguenti linee
fondamentali. Il presidente: potrà
servire per due quadrienni; dovrà avere più di quarant’anni; ha la facoltà di
dimissionare il governo con la maggioranza del Parlamento. Le Forze Armate: il ministero della Difesa è appannaggio di un
miliare; il budget dev’essere discusso da un Consiglio di difesa nazionale, più
il citato articolo sulle corti militari per i civili. Religione: la Shari’a resta la principale fonte del diritto
nazionale (come nella contestata Carta di Mursi - sic - e com’era la
Costituzione di Sadat), i partiti politici non possono essere formati su base
religiosa. Diritti: non sono ammesse
formazioni politiche basate su genere, razza, etnìa; i gruppi politici non
devono avere strutture paramilitari. I cittadini possono manifestare pacificamente,
sebbene all’articolo 174…
Quali elezioni
- Resta un mistero se, quando e cosa si potrà
votare. Durante i dibattimenti della Costituente si pensava d’indire elezioni
politiche in un periodo compreso fra i 30 e i 90 giorni dopo l’approvazione
della stessa. Quindi affrontare la spinosa questione del nuovo presidente che
continua a vedere gli islamici del Paese contestare l’illegittima rimozione di
Mursi. Ma il Fronte laico, debole nei suoi partiti, potrebbe inciampare fra le
proprie divisioni. Per ciò escogita di lanciare in prima battuta l’elezione
presidenziale, proponendo in luogo della terna dei propri leader
(Moussa-Sabbahi-ElBaradei, candidati ormai bruciati) la figura dell’uomo forte
Al-Sisi, popolarissimo fra gli egiziani conservatori, amanti dell’ordine e dei
fasti passati. Un effetto egualmente trainante la candidatura di Al-Sisi
potrebbe averla di fronte a contemporanee elezioni parlamentari e
presidenziali. Seppure l’incognita, prima che burocratico-amministrativa, resta
politica.
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