La vergogna del politico dei “comizi d’amore” non sta
solo nelle risatine filo padronali, ma nell’amore per una certa politica.
Quella che nella migliore tradizione del suo mentore Bertinotti (prima della
ritarata strategica sul maggiore scranno di Montecitorio) conduceva e conduce taluni
“compagnucci” a occupare poltrone. Dalle assai remunerative delle istituzioni
più prestigiose di Senato e Camera fino alle amministrazioni locali dove per
circa un ventennio - coincidente guarda caso col berlusconismo - anche a
sinistra ha circolato l’incantevole ideale del carrierismo politico. E quali
carriere! Copiose entrate per soggetti con pochissima arte e perfettamente
nella parte di rappresentante del popolo, nelle versioni truffaldine contrassegnate
da ogni colore politico e pure da un rossastro Sole dell’Avvenir. Il proprio.
Il bell’esempio ai colleghi liberi e sinistri, i cui emolumenti arrivano anche
nelle più sperdute giunte comunali e nei consigli circoscrizionali delle
metropoli l’offre il Governatore della Puglia. Munifica carica attuale, a meno
di razzenti dimissioni, del leader di Sel dove la e dell’acronimo sta per
ecologia. Un perverso senso di coerenza: proprio quell’ecologia (e quella
salute) calpestate dai signori Riva e Archinà con cui il presidente Vendola
intratteneva ridanciani rapporti.
Relazioni certamente di rappresentanza per la funzione
pubblica della carica ricoperta, che non gli vieta però di sorridere e
apprezzare le provocazioni con cui il clan dell’acciaio svicola di fronte alle
domande scomode d’un giornalista, definito dal clan un provocatore. Dà metaforicamente
di gomito il Nichi nazionale, si compiace del “guizzo felino” del portavoce dell’Ilva. Ora, tanato, prova
vergogna, ma solo “un po’, perché io non
rido dei tumori, so cosa significhi il dolore e non permetterò a nessuno di
sollevare dubbi sulla mia onestà intellettuale e manipolare la realtà in
maniera strumentale e volgare”. Lo scivolone telefonico ribadisce la logica
della doppiezza della sinistra parolaia di cui Vendola, diversamente dai banali
epigoni, è un esponente di rango. Le sue parole pescano dal dizionario vocaboli
forbiti, cavalcano metafore immaginifiche, puntano a suscitare sentimento per
sollevare i cuori. Peccato che anni di presenza politica sono lì a testimoniare
come sostantivi e aggettivi muovano solo l’aria, non gli ideali. E se qualche
sogno traspare viene immolato sull’altare di accordi, interessi, servizi ben lontani
da quanto enunciato e promesso. E’ la coazione a ripetere con cui questa
sinistra occupa spazi per sé e per i suoi affarucci, ovviamente limitati rispetto
al Bingo cui accede il fratello maggiore, si sia chiamato Ds, Pd o quel che ne
sarà d’un partito che partorisce lettiani, renziani ed esemplari per nulla
differenti. Sono gli operai dell’Ilva e le non poche figure sociali martoriati dai
governi nostrani e da certi servili cantastorie a dover guardare altrove,
agendo come già iniziano a fare.
Nessun commento:
Posta un commento