Spionaggio,
incitazione alla violenza, distruzione dell’economia sono le accuse molto
politiche ma con ricadute penali che hanno rinfocolato alcune querele rivolte al
presidente deposto Mursi da alcuni cittadini egiziani. Di lui si sa che è
tuttora agli arresti in un luogo segreto che dovrebbe essere proprio il
quartier generale della Guardia Repubblicana davanti al quale s’è verificato il
massacro di militanti islamici l’8 luglio. Intanto il premier incaricato
El-Beblawi sta ultimando la nuova formazione governativa con trenta membri, verrà
presentata entro la prossima settimana. L’economista liberal esprime conferme
per alcuni ministri dell’esautorato esecutivo Qandil e parla di necessaria riconciliazione
fra le parti politiche. Buone intenzioni che cozzano col panorama degli ultimi
mesi e giorni. La Fratellanza, mobilitata presso la Moschea Rabaa al-Adawiya
nell’area di Nasr City e anche in altri luoghi del Cairo, fa sapere che non
potranno verificarsi riaperture se Mursi non sarà riammesso nel ruolo strappatogli
con la forza. Corano e simboli della nazione nelle mani i suoi attivisti o
semplici elettori sono l’altra piazza d’Egitto di cui l’informazione
occidentale poco si curano. I nostri media sono portati ad accreditare la tesi
delle Forze Armate che giustificano il golpe bianco come ascolto e sostegno
delle ciclopiche manifestazioni dell’opposizione.
Il Paese non è solo spaccato ma lacerato da violenze
e imposizioni, e non si comprende come potrà affrontare ciò che le attuali
figure guida (El-Beblawi e Al Mansour) propongono nei rispettivi ruoli. A
cominciare dall’ennesimo Referendum costituzionale (uno favorevolissimo
all’Islam politico si svolse nel marzo 2011) che dovrebbe ratificare gli
emendamenti alla Costituzione che devono precedere qualsiasi elezione. Per
giungere a questo il presidente ad interim propone di formare un Comitato di
dieci esperti (costituzionali e giuridici) che prepara i testi da sottoporre a
un Consiglio di 50 personalità e figure rappresentative. Il primo passaggio dà
a un gruppo di magistrati formati nell’era Mubarak facoltà di ritoccare commi
della Carta così il campo islamico già insinua dubbi di effettiva garanzia per
eguaglianza e giustizia sociale. La seconda fase potrebbe ricevere il medesimo
boicottaggio che i laici hanno praticato verso due Assemblee Costituenti, la
prima sciolta dalla Suprema Corte, la seconda contestata dagli oppositori di
Fratellanza e salafiti. Stavolta potrebbero essere gli islamici a bloccare l’istituto
del confronto e dibattito. Per quanto i gruppi salafiti mostrino intenzioni
partecipative probabilmente per sostenere norme più attinenti al princìpi della
Shari’a.
Da notare che il consolidamento di queste mosse:
revisione della Costituzione (se si riuscirà a fare), referendum e poi
consultazioni presidenziali e politiche avverrebbe con una concentrazione di
poteri legislativo ed esecutivo nelle mani della coppia Al-Mansour-El-Beblawi
che ripercorrono la stessa via di quell’accentramento praticato da Mursi che gli
era valsa l’accusa di comportamento dittatoriale. Per non parlare dell’impulso
all’attuale svolta da parte di Al-Sisi e delle Forze Armate, versione
aggiornata dello Scaf. Rispetto a quei tempi la lobby militare ha addirittura rafforzato
la sua posizione perché non s’espone in prima persona come fece nei 16 mesi di
gestione il feldmaresciallo Tantawi. Fra gli stessi sostenitori del ruolo di
tutela nazionale dei militari si fa fatica a giustificare un’ingerenza nella
vita politica del Paese tramite interventi autoritari mirati a reprimere,
assassinare, incarcerare soggetti politici e quella cittadinanza, non certo
marginale, che li appoggia. Tutto in un quadro d’impunità offerto dalla
magistratura restìa a intervenire severamente nei confronti delle divise, come
dimostrano molteplici occasioni: dai processi per l’eccidio allo stadio di Port
Said alle repressioni seguite agli assedi alle caserme del dicembre 2012.
L’Egitto dovrebbe ricominciare da una situazione simile all’uscita di scena di
Tantawi o peggio di Mubarak. Con molte ferite in più e tante speranze in meno.
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