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giovedì 19 settembre 2024

Nasrallah, il rischio della guerra

 


Determinato ma nient’affatto infuocato.  Dopo i due giorni delle micro deflagrazioni assassine che pesano più d’un attacco armato, l’atteso discorso di Nasrallah, il grande capo di Hezbollah, ha solo parzialmente sanato una ferita profondissima fra la sua gente. Oltre a seminare morte con 39 vittime e migliaia di mutilazioni gravi e perenni (in cinquecento hanno perso la vista) i cicalini e walkie-talkie manomessi ed esplosi rappresentano un pesante smacco per l’organizzazione. Il leader sciita lo fa capire, pur dovendo e volendo tranquillizzare una popolazione profondamente scioccata perché percossa in luoghi impensati: il supermarket o il tinello di casa. “Con questo massacro Israele ha superato ogni linea rossa, si tratta d’un atto di guerra”. Ma la guerra va evitata, questo il messaggio non enunciato eppure chiarissimo visto che Nasrallah non ha fatto cenno a iniziative immediate, lasciando cadere nel vuoto il desiderio di vendetta esplicitato, ore prima, dal cugino e vice Hashim Safieddine. Certo, chi ha un piano di reazione, non lo svela in diretta, surriscalda gli animi con la propaganda e colpisce in silenzio. Eppure la generica promessa di “continuare la lotta” è l’unica arma del chierico che guarda più a regolare i conti interni, per raddrizzare una struttura sicuramente infiltrata dal Mossad – come peraltro è accaduto ai Pasdaran iraniani in occasione all’attentato ad Haniyeh – o tradita da qualche suo membro. E’ su tale crepa che il Partito di Dio mostra una debolezza che probabilmente in questa fase lo deve tenere lontano da uno scontro diretto con l’Idf. Pur rafforzato nelle strutture balistiche e nel numero dei miliziani il gruppo sciita non sorprenderebbe Israele come nel luglio-agosto 2006, una guerra lampo come quella oppure una logorante che si perpetua nella Striscia sarebbe una sciagura anche di fronte alla volontà di sacrificio dei motivati miliziani. Pur ripetendo “Il fronte libanese non si fermerà finché l'aggressione a Gaza non sarà terminata" Nasrallah pensa che se ci sarà invasione nel sud del Libano, come Netanyahu vorrebbe per creare la zona cuscinetto sul nord d’Israele, sarebbe complicato controbattere. Per tenere botta con l’odiato rivale gli lancia la sfida "Non sarete in grado di riportare la gente del nord al nord”, riferendosi ai quasi centomila sfollati dalla Galilea sotto la pressione quotidiana dei missili del suo gruppo. Eppure mentre lo ripete in tivù sfiduciati avventori da bar si vedono rombare sulla testa cacciabombardieri con cui Israele continua a intimorire e minacciare. E’ un momento nerissimo per la rete di Hezbollah, più dei chador delle donne che piangono nuovi martiri. Nasrallah dice che gli attacchi non hanno scosso la fede, la convinzione o la preparazione di Hezbollah "Al contrario, questo ci ha reso più risoluti, più robusti e più irremovibili". Sarà. Ma il clima è plumbeo e quello interno al gruppo è pieno di sospetti.

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