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venerdì 20 settembre 2024

Beirut nel mirino, Netanyahu allarga la guerra

 


Pur non volendola Hezbollah dovrà fare la guerra. Guerra totale come nel 2006. L’hanno deciso Israel Defence Forces, Mossad, Netanyahu che gli entrano in casa e li uccidono. Con le micro esplosioni dei giorni scorsi e coi missili che sventrano edifici interi, com’è riaccaduto oggi pomeriggio a Dahieh la roccaforte ormai pluriviolata del Partito di Dio. Disintegrato Ibrahim Aqil, nuovo comandante dei reparti d’élite Radwan del gruppo sciita, che aveva sostituito Fuad Shukr, fatto brillare a luglio scorso. L’ennesima uccisione ‘mirata’ mette sotto le macerie anche dodici civili che abitavano nel palazzo divenuto obiettivo. Una settantina li spedisce in ospedale con ferite anche serie che possono portare alla morte. Aqil era uscito da un nosocomio proprio stamane, ricucendo le lesioni riporte nel giorno della deflagrazione dei beeper usati dai miliziani e manomessi dall’Intelligence di Tel Aviv, un’operazione ancora avvolta nel mistero riguardo alla fase esecutiva e ovviamente non rivendicata, ma con inserimenti nella filiera delle commesse e probabilmente anche dell’organizzazione paramilitare sciita. Fattore che pone scompiglio dal vertice alla base, per comprendere la dimensione di falle e tare, l’arretratezza tecnica al di là dell’arsenale missilistico e i limiti alla sicurezza che s’ingigantiscono nel caos di queste ore successive a giorni di preallarme, tensione e sangue. Che Aqil fosse un bersaglio lo sapeva lui stesso, il Dipartimento gli Stati gli aveva messo sulla testa una taglia da 7 milioni di dollari supponendo fosse uno degli organizzatori dell’attacco all’ambasciata americana di Beirut. Ma erano trascorsi oltre quarant’anni e in tutto questo tempo non era stato né cercato né punito. A esasperare il presente riferendosi al passato ci pensa il premier israeliano per il quale la nuova fase del conflitto mediorientale prevede l’apertura del fronte nord, contro Hezbollah e l’intero Libano. Portare truppe via terra inseguendo una cosiddetta zona di sicurezza - 30-40 km o addirittura sino al fiume Litani come nei tempi andati di chi sognava il grande Israele - è l’alibi non tanto per far tornare gli sfollati del nord nei territori bersagliati dai missili del gruppo sciita, ma per attaccare il più strutturato alleato iraniano nella regione. E con la guerra il governo Netanyahu sogna di sopravvivere. 


 

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