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martedì 30 luglio 2024

Beirut, Israele fa esplodere la spalla di Nasrallah

 


Haret Hreik, cintura meridionale di Beirut e da anni roccaforte del Partito di Dio, non riesce a preservare militanti e capi. Questo il messaggio letale lanciato dal missile israeliano che ha abbattuto tre piani d’un palazzone di otto, facendo tre vittime. Una eccellente: Fuad Shukr, numero due del movimento Hezbollah, vicinissimo al responsabile politico Nasrallah e alle Forze Al-Quds iraniane. Così mentre l’Idf e la forza sciita continuano a ripetere di non pensare né voler aprire un fronte bellico, la morte s’insinua, uccidendo sia innocenti come sul campo di calcio di Majdal Shams nel Golan, sia i coinquilini beirutini di stasera assassinati assieme al capo Hezbollah. E’ indubbiamente vendetta. Tel Aviv l’annunciava da due giorni, “colpiremo duro” aveva detto Netanyahu visitando il luogo della strage pur schifato da una parte della comunità drusa che non vuole avere nulla da spartire con Israele, mentre i militanti sciiti attendevano un attacco, non sulla pelle d’un loro leader. Non nel cuore del proprio sistema pensante prima che operante. Così gli esperti d’intrecci bellici ricordano che se quasi sicuramente Hezbollah non voleva eliminare ragazzini che correvano dietro un pallone, e quella strage è frutto d’una tecnologia se non scadente comunque in taluni casi carente, le capacità missilistiche e soprattutto informative d’Israele restano elevate ed efficaci a danno dei nemici. Sicuramente più quando colpiscono a sorpresa rispetto alle invasioni di terra come accade da mesi nella Striscia di Gaza di cui si strazia la gente, senza riuscire a estirpare Hamas. Eppure sul confine libanese lo scontro strisciante c’è da mesi, non solo per i ripetuti lanci di missili e razzi, le intercettazioni dell’Iron Dome, la contro-artiglieria di Tsahal, ma per le botte letali andate a segno: sempre stasera l’abitante d’un kibbutz è finito morto sotto un razzo. Gli analisti danno per certo un freno alla guerra aperta, considerando buone le intenzioni dei politici. Ma in una crisi che non vuol trovare tregua né soluzioni diplomatiche, il clima regionale amplia i suoi roghi. Gli obiettivi si susseguono e possono diventare sempre più ambiziosi, anche quelli teoricamente non praticabili, in una linea rossa superatissima e sanguinosissima. 


   

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