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giovedì 26 agosto 2021

Aeroporto Karzai, l’attentato arriva

Che quella folla ammassata, esausta, picchiata dai taliban, selezionata dai militari statunitensi, aiutata secondo l’appartenenza, illusa da chi non può condurla altrove potesse diventare carne da macello lo si diceva da giorni. Le Intelligence, quella americana su tutte, lo ripetevano. E si tirava in ballo anche chi potesse essere l’esecutore dell’attacco, l’Isil del Khorasan, che per due anni aveva guerreggiato indirettamente coi talebani ortodossi, vogliosi di accordi e di potere. Guerreggiato per il controllo dei luoghi, col desiderio di mostrare la propria capacità armata, seminando morte fra la gente. Studentesse, neonati, donne, etnìa hazara coloro che più d’altri sono stati colpiti per impaurire, mostrare come la terra afghana e la sua gente dovessero continuare a soffrire senza vedere pacificazione alcuna. Neppure quella affannosa sotto l’occhio degli studenti coranici, negli ultimi tempi diventati diplomatici. Nell’odierno pomeriggio l’Abbey Gate e il circondario presso il Baron Hotel sono stati teatro di due esplosioni mortali: tredici i morti, oltre sessanta i feriti. Per ora. Perché tragicamente, come in altre occasioni, le vittime possono aumentare. E diventano dopo due ore oltre sessanta con duecento feriti. I medici dell’ospedale di Emergency della capitale, lavorano per salvare vite. Carneficina compiuta tramite due kamikaze che nella calca presente da giorni per la fuga diffusa, sperata, irrealizzabile si sono potuti inserire e “immolare” portandosi dietro l’anima  anche di bambini – non è la prima volta – e diffondere un’angoscia ancor più profonda. Fra gli stessi marines di puttuglia allo scalo Karzai, visto che il Pentagono ha comunicato l'uccisione anche di quattro poi dodici militari Usa. Naturalmente il panico è alle stelle, fra chi cerca amici e parenti spersi, chi teme nuove esplosioni, chi si pone davanti al dilemma se restare lì ad attendere un ipotetico aereo e rischiare di saltare per aria. Questa è l’odierna Kabul: il teatro d’un dramma sedimentato in decenni, con le incognite viste nell’ultimo biennio, fra chi ancora nel sangue si lava le mani volendo dimenticare il passato e le responsabilità, chi cerca un potere che resta instabile e gli irriducibili del jihad su cui vigila la galassia del più cupo fondamentalismo, tutt’altro che sconfitto. Il nuovo assetto che deve occuparsi del futuro immediato – i potenti russi, cinesi, indiani – si terranno alla larga dalla sanguinaria macelleria di queste ore. Restano i disperati della fuga, alla quale neppure i talebani possono garantire la vita. E non perché gliela stiano tranciando con le loro armi…

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