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martedì 9 giugno 2020

Egitto, galera anche per i medici anticovid


Mica solo giovani - rapper, registi, blogger - il regime del generale-golpista Al Sisi se la prende anche coi medici, coloro che nel corso dell’epidemia di coronavirus erano stati definiti dalla stampa di regime “l’armata bianca egiziana”. Ora sono gli stessi media a puntare il dito sui dottori che hanno sollevato critiche per la gestione di fondi e strutture negli ospedali, specie quelli della magalopoli cairota. In un sistema sanitario indebolito dai tagli e dalle restrizioni (su questo versante Egitto e Italia vivono le medesime contraddizioni) il personale sanitario ha iniziato a esprimere i propri dubbi, a sollevare lamentele più che manifeste critiche. Anche temendo effetti repressivi. Eppure quest’ultimi non si sono fatti attendere. Gli incauti che avevano postato su social media come Facebook alcune immagini di disservizi nei reparti in cui lavorano sono stati prelevati dalla Sicurezza Nazionale e rinchiusi in prigione. Per quello che si sa la situazione infettiva egiziana non è delle peggiori al mondo, i casi ufficializzati di Covid-19 superano di poco le trentamila unità e il numero dei deceduti ammonta a mille e cento. Però i medici sono preoccupati da una curva di crescita dei contagi e chiedono al ministero della Salute sforzi maggiori per adeguare i reparti d’emergenza. Il personale sanitario impegnato nella cura agli infettati reclama le carenze nella quantità del materiale di profilassi, e questo li accomuna almeno ai tre quarti dei loro colleghi nel mondo. Per il regime del Cairo non è questo il problema, ma la divulgazione e la denuncia del fatto. Come per ogni altra questione del Paese, non sono ammesse critiche né punti di vista diversi e finanche le parole per raccontarli. Così fioccano arresti e accuse nientemeno che di terrorismo. Dopo l’iniziale pugno di ferro c’è stato un allentamento della tensione, visto che il sindacato del personale medico ha avviato una protesta contro il ministero del settore con tanto di denuncia alla magistratura in cui si legge che “… i comportamenti passivi e negligenti dell’apparato ministeriale possono condurre a una catastrofe sanitaria”, negli ospedali i reparti di quarantena dove collocare i positivi al Covid-19 (fra cui anche medici e infermieri) non erano stati predisposti. Quindi l’organo politico ha cercato di smorzare i toni e addivenire, almeno nelle intenzioni, a comportamenti meno totalizzanti verso i sanitari. I picchi della pandemia sono attesi per metà giugno e, per ammissione del ministro della ricerca scientifica, il numero dei contaminati è sicuramente superiore rispetto alle cifre rilevata dai non numerosi test. L’unico elemento che appare favorevole sono i sintomi dei colpiti, in genere meno aggressivi che in altre nazioni, a tal punto che da alcuni ospedali della capitale giungono notizie di posti letto di terapia intensiva rimasti vuoti. Quel che non si svuota sono le carceri egiziane, dove gli stessi medici protestatari sul web restano rinchiusi.

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