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giovedì 23 aprile 2020

Afghanistan, l'epidemia entra a Palazzo


A fronte di irrisorie cifre sui contagi della pandemia Covid-19 - i positivi risultano poco più di mille, i decessi trentasei, ma i controlli rivolti alla popolazione sono pressoché assenti - l’infezione compare improvvisamente dentro i palazzi governativi. Lo annunciano le stesse autorità statali che hanno ottenuto test e tamponi per il personale amministrativo, registrando ben quaranta casi di positività. Gli impiegati e gli addetti alla sicurezza potrebbero essersi infettati nell’edificio del Consiglio Nazionale di Sicurezza, che dovrà essere sanificato. L’allarme, allargato alle centinaia d’incaricati e inservienti delle strutture, è scattato per proteggere il settantunenne presidente Ghani, soggetto a rischio per essersi tempo addietro ammalato di tumore. Sale l’allerta anche negli apparati Onu presenti a Kabul e per le truppe Nato. Il locale ministero della Salute sostiene d’aver predisposto un piano antipandemico, ma questo forse può riguardare chi lavora negli uffici centrali (e a seguito di quanto è accaduto, le falle appaiono comunque evidenti), non certo la gran parte della popolazione per la quale valgono le norme igieniche generali e il giornaliero ‘fai da te’. E’ probabile che un certo contenimento della diffusione virale derivi dalle oggettive condizioni di isolamento della vita quotidiana, imposto nelle città dal timore attentati. Sebbene, poi, nelle abitazioni il sovraffollamento sia una costante a Kabul come nei centri maggiori. Di fatto non esiste la possibilità di ricevere informazioni da zone rurali e aree periferiche, le notizie provengono esclusivamente dalla capitale e dalle strutture ufficiali. Ad esempio, è stato reso noto che i reparti sanitari finora dedicati alla lotta alla polio sono stati riconvertiti all’emergenza Covid. Ma come in tutto il mondo, accanto ai timori per la salute è la buia prospettiva economica a mettere in ginocchio coloro che mangiano solo se riescono a vendere qualcosa al mercato o agguantano un lavoretto giornaliero. Il Paese con l’80% di tasso di povertà e il 30% di disoccupazione non potrà che veder salire tali percentuali in caso di blocco totale. Sebbene probabilmente questo blocco non sarà né ferreo né prolungato. Le forze dell’ordine sono preoccupate da altre emergenza, quella degli attentati sul territorio non è mai venuta meno. E le tensioni coi talebani, già ai ferri corti con Ghani che non vuole attuare l’accordo di Doha liberando i miliziani reclusi, in più i turbanti minacciano una rottura con gli Stati Uniti che hanno ripreso i raid coi droni pur avendo sottoscritto il cessate il fuoco. Il quadro evidenzia un ‘tutti contro tutti’ sotto diversi punti di vista: sul fronte finanziario Washington ha (almeno nelle intenzioni) tagliato un miliardo di dollari d’aiuti a Ghani che, con gli ultimi colpi di testa, ostacola la prosecuzione dei colloqui inter-afghani. Questo denaro avrebbe fatto comodo nella fase economica recessiva che si prospetta. Mentre un obolo viene dalla Banca Mondiale (dove il presidente ha lavorato a lungo), la promessa di venti milioni di dollari per contenere i mesi neri che si profilano all’orizzonte è un alito di vento in un Paese vessato e costretto alle elemosine.  

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