Signora Joya, negli ultimi mesi le istituzioni afghane hanno
offerto al fondamentalista Hekmatyar il
ruolo di mediatore verso i talebani. Una presunta stabilizzazione passa per
l’iniziativa di un signore della guerra?
Questa pacificazione è
peggiore della guerra. L’unione fra governo e signori della guerra non può che
essere un nocumento per le forze progressiste e per chi lavora per la pace
vera. Offrendo questo ruolo a un nemico del popolo viene tradito il principio base
di democrazia. Medesimo discorso attorno al concetto di pace: definire così i colloqui
e i possibili accordi fra Hekmatyar e talebani significa tradire il senso
stesso di pace. La situazione non è diversa dal momento in cui Barack Obama
ricevette il premio Nobel della pace mentre aumentava le truppe d’occupazione e
le stragi di civili nel nostro Paese. Tutta la geopolitica è piena di
contraddizioni, attualmente il governo Ghani definisce i taliban “fratelli
dissidenti” e gli statunitensi, che continuano a foraggiare entrambi i fronti,
applaudono.
Alcune voci dell’opposizione si sono levate contro l’oltraggio
alle migliaia di vittime provocate da questo criminale, però strutture
internazionali e grandi potenze fingono di non vedere.
Il partito della
Solidarietà (Hambastagi) ha protestato a lungo contro questo ritorno, e
inizialmente l’ha fatto anche la gente comune che conosce la sua lugubre fama.
Tutti considerano Hekmatyar un assassino visto che ogni famiglia porta lutti
provocati dalle sue bande. Il problema è la paura che quest’uomo tuttora
incute, anche grazie alla totale impunità di cui gode, garantita prima che da
Karzai e Ghani, da quelle strutture internazionali condizionate dalla politica
americana. E’ Washington il grande protettore di questi criminali. Mantenerli
in circolazione giustifica l’impegno armato della nazione statunitense che ha
trasformato l’Afghanistan in un’enorme base aerea nel cuore dell’Asia. Hekmatyar
provoca terrore fra la gente per quel che ha fatto e per ciò che pensa, anche
se invecchiato non muta atteggiamento. Nella sua prima intervista televisiva ha
minacciato i media, sostenendo che non verranno tollerate ingerenze nei disegni
politici in programma. Come possono lavorare i giornalisti con un clima simile?
L’operato le Nazioni Unite non è una sorpresa. Dopo che il capo dell’Hezb-i
Islami era stato cancellato dalla lista dei terroristi ho rivolto le mie
proteste all’Onu, non sono stata ascoltata. Al di là delle bandiere sventolanti
questa struttura non è mai stata disponibile a sostenere la popolazione del mio
Paese, si rivolge solo a chi sta al potere nelle vesti più varie: signori della
guerra, politici fantoccio, talebani.
Tentativi di dialogo ci furono fra il 2009 e 2010, col capo
della Cia Panetta nel ruolo di regista per conto di Obama, l’iniziativa fallirà
anche stavolta?
Forse sì. Ma quel che
occorre smascherare di tale pantomima, perché di questo si tratta, sono due
disegni. Il primo riguarda la continuità della presenza militare. Vedete che
dopo l’enfasi dell’exit strategy, Pentagono e Casa Bianca rilanciano ritorni di
truppe sul nostro territorio, in aggiunta a quelle che non se ne sono mai
andate. Quindi c’è il discorso dei “fratelli talebani”. Considerate che
fondamentalisti e taliban di ritorno sono già presenti nelle istituzioni
afghane, cooptati direttamente dal presidente e dal suo staff, presiedono
ministeri. Il dicastero dell’Istruzione si fa consegnare denaro dalla comunità
internazionale per scuole mai realizzate oppure costruite con materiale
scadente che dopo poco va in rovina. Tutti sanno e nessuno dice nulla, né
prende provvedimenti. Da anni noi dell’opposizione denunciamo questo sistema
mafioso, ma possiamo diventare bersagli perché nessuno ci difende, tantomeno
Onu e compagnìa.
La galassia talebana è divisa e sempre più riottosa. Negli
ultimi due anni certe frange dissidenti si rapportano all’Isis e la situazione appare
peggiorata…
A nostro avviso ci sono
vari marchi usati da coloro che da qualche tempo vengono indicati come jihadisti.
Certo, si possono fare valutazioni su questa o quella componente talebana, ma
si troverà che tutti hanno mani sporche di sangue, spesso sostenute e finanziate
da nazioni straniere. Sta scritto nella nostra storia pluridecennale. Questi impostori
possono cambiar nome, definirsi mujaheddin, warlord, taliban sino a utilizzare
il brand dell’Isis, non muta il loro progetto criminale, terroristico,
fondamentalista, misogeno. La natura è la stessa, mutare la denominazione di movimenti
e partiti serve solo a offrire copertura al medesimo piano assassino. Da due
anni lo spettro dell’Isis fa effetto, non mi stupisce che sia comparso anche
nelle nostre terre dove varie potenze si scontrano tramite l’azione armata di
chi si definisce resistente, ma fa solo un gioco di fazione spesso legato a
potenze straniere o a chi vuole assoggettarci. Ognuno ha proprie tattiche
penetrative: il Pakistan attraverso i talebani, l’Iran tramite il controllo
culturale e religioso, la Cina sul piano economico, la Russia per mano di
signori della guerra come l’America stessa che in più usa anche le sue truppe,
oltreché la compiacenza di governi fantoccio. L’Afghanistan è come una mucca
malata di cui i predatori circostanti vogliono un pezzo per i propri appetiti
famelici.
Gli spazi per l’intervento politico si sono ulteriormente
ristretti?
La situazione è
difficile dentro e fuori dal Paese sia per la gente comune, sia per gli
attivisti d’opposizione. Il terrore intimidatorio, che non è mai scomparso, sta
rivivendo momenti di spiccata crudeltà. Si sono verificati episodi di uccisioni
d’avvertimento, alcune persone sono scomparse e i cadaveri martoriati e
mutilati sono stati recapitati ai familiari. La gente ha nuovamente paura,
Hekmatyar è un incubo non solo per quel che pensa ma per com’è in quanto
soggetto ossessivo e vendicativo.
La sua sicurezza personale e quella di militanti dell’opposizione
come sono garantite attualmente?
Personalmente ho
ricevuto nuove minacce. E’ andata così: due mesi fa sono stata convocata
dall’Intelligence interna che mi ha mostrato una lettera con tanto di francobollo
e timbro postale che preannunciava un attentato nei miei confronti da parte
talebana. Gli agenti sostenevano di volermi offrire protezione, mentre i miei
compagni commentavano: “Possiamo star
certi che se verrai uccisa non saranno stati i taliban”. Ecco, lo Stato
attua queste messe in scena per allontanare da sé sospetti su possibili eliminazione
anche di persone note.
Lei rivela che la Commissione afghana sui diritti umani è
solo l’ennesima maschera di una situazione degenerata
Spiace constatarlo, ma è
così. E servirebbe che i media diffondessero queste idee.
Il panorama risulta più difficile per le stesse associazioni
locali che s’interessano del sostegno a donne, orfani in quelle strutture che
visitammo durante il reportage del 2013?
L’attività non si ferma,
non si può fermare per i bisogni che sono tanti e per l’assenza di alternative.
Senza case-rifugio orfani, donne morirebbero, le nostre strutture continuano a
lavorare non solo per coscienza ma perché il rapporto di fiducia con la gente è
la nostra migliore arma di difesa, oltre che di ostacolo alle violenze pubbliche
e private. Questa è la nostra forma più alta di resistenza.
A politici e ong che sta incontrando nel suo tour lancia
l’ennesimo appello affinché i governi europei sostengano i profughi che fuggono
dall’Afghanistan, anziché appoggiare i crimini guerrafondai statunitensi responsabili di ulteriori fughe per la
speranza
E’ un tentativo, perché
ben conosciamo le differenze fra governi e popolazione e distinguiamo le
responsabilità. Nei Paesi occidentali esistono associazioni e attivisti amici
che ci sostengono e sono ben distanti dai loro governi come da quella
cooperazione, che noi definiamo ong dei signori della guerra, perché mette
fondi nelle mani del governo fantoccio e dei suoi compari fondamentalisti. Mi
piacerebbe che qualche governante occidentale facesse come Bashardost, ex
ministro dell’economia in Afghanistan, che ruppe il cerchio e denunciò
circostanze e persone corrotte e si dimise dal governo. Gli onesti, se non
riescono a cambiare un sistema, dovrebbero perlmeno allontanarsi dal malaffare.
Come pure ricorda le responsabilità per l’emergenza migranti
Beh, è evidente che c’è
un rapporto strettissimo fra la fuga di milioni di persone e il quadro
devastante in cui costoro sono costrette a vivere. Morte per bombe e miseria, malattie,
droga, disoccupazione, violenze: questo è l’orizzonte afghano, chi può scappa
via. Ma questo disastro è direttamente legato alla politica imperialista e a
quella dei servi locali: governi fantoccio e talebani, che non a caso cercano collaborazione
dietro la regia dei loro pupari.
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