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mercoledì 28 dicembre 2016

Stampa egiziana: ancora censura e arresti


C’è un nuovo giornalista dell’emittente qatarina Al Jazeera che provocherebbe sedizione e caos in Egitto, e per questo viene arrestato nella sua abitazione di Giza. Si tratta di Mahmoud Hussein, nativo nel piccolo e potentissimo emirato del Golfo e presente in più occasioni in qualità di reporter in terra egiziana. Attualmente Hussein ricopre funzioni di regista e produttore. Anche lui è accusato d’essere un portavoce dei fuorilegge della Fratellanza Musulmana, com’era accaduto a fine 2013 ad altri reporter della testata: l’australiano Peter Greste, l’egiziano-canadese Mohamed Fahmy, l’egiziano Baher Mohamed. Costoro trascorsero più di 400 giorni in galera, subirono processi, vennero infine graziati da Sisi e rilasciati nel settembre 2015. Peggio è andata ad altri due cronisti della testata, Alaa Omar Sablan e Mohammed Helal, condannati in contumacia alla pena capitale nel maggio scorso, come peraltro diversi membri della Brotherhood. La televisione di Doha denuncia una sorta di fabbrica di accuse in questo e nei precedenti casi, affermando che l’uomo non stava svolgendo alcun lavoro, ma trascorreva un periodo di ferie. Al di là di situazioni personali, che possono in qualche modo “risolversi” con abiure, allontanamenti, pressioni e autocompressioni, il clima per l’informazione continua a rimanere oltre qualsiasi limite di libertà e democrazia. E sopraggiungono nuovi vincoli. E’ di questi giorni la creazione tramite legge parlamentare d’un Consiglio per l’amministrazione dei media che può revocare licenze e sospendere pubblicazioni e trasmissioni radiotelevisive. I membri sono stati scelti, ovviamente, dal generale-presidente. Secondo una dichiarazione del responsabile del sindacato (normalizzato) della stampa egiziana il Consiglio dovrebbe occuparsi più di questioni amministrative che di censura. Però dubbi e contrarietà restano, in primo luogo fra le poche voce libere, anche dalla galera, rimaste nel Paese che avevano criticato l’elaborazione dell’ennesimo ostacolo posto all’informazione. L’ingerenza dell’Esecutivo nella normale attività di comunicazione è praticamente totale. Restano reclusi venticinque volti noti del giornalismo, mentre il numero di free lance e blogger tuttora imprigionati è imprecisato.

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