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martedì 3 maggio 2016

Egitto: la caccia ai giornalisti

Sarà stata pure una svista, ma quel che il ministero dell’Interno egiziano intende fare coi giornalisti sta scritto nero su bianco su una email che un  computer del dicastero diretto da Abdel Ghaffar, fedelissimo di Sisi, ha inviato “per errore” a tutte le redazioni dei media nazionali. Le note nel cyberspazio dicono che: “la cricca dei giornalisti e il sindacato coprono due criminali ricercati dalla procura”. Molto più esplicitamente parlano i fatti. Al Cairo nella notte di domenica agenti di polizia hanno fatto irruzione nella sede del Sindacato dei giornalisti portandosi via Amr Badr e Mahmoud al-Saqqa, i presunti criminali della email ministeriale. Le accuse sono: incitazione alla violenza, destabilizzazione della sicurezza nazionale, manifestazione non autorizzata (come sono da due anni tutti gli assembramenti in Egitto). I due, assieme a decine di colleghi e centinaia di attivisti avevano manifestato il 25 aprile scorso contro la cessione all’Arabia Saudita delle isole del Mar Rosso Tiran e Sanafir, uno dei favori con cui il generale-presidente ripaga la dinastia Saud per il prestito di 12 miliardi promesso per sostenere l’economia e soprattutto la restaurazione securitaria da lui praticata. L’irruzione è avvenuta durante la ricorrenza del ‘Giorno della libertà di stampa nel mondo’ indetto proprio in solidarietà di Paesi come l’Egitto, dove il mestiere dell’informazione è di fatto fuorilegge e getta i reporter dritti in galera.

Durissimo il comunicato diffuso dal presidente del Sindacato dei giornalisti d’Egitto Qalash, che accusa il ministero dell’Interno di commettere un errore dietro l’altro e praticare una sopraffazione continua della categoria e della libertà d’espressione dell’intera cittadinanza. Secondo le leggi costituzionali vigenti e la stessa legge sulla stampa le imputazioni e il mandato devono essere esibiti al presidente del sindacato di categoria, tutto questo non è stato rispettato. Badr e al-Saqqa sono stati prelevati in maniera illecita, come si fosse trattato di un sequestro. Per ora si sa solo che verranno trattenuti per 15 giorni, ma potrebbero vedersi calare addosso altri addebiti, finendo nella spirale conosciuta da tanti attivisti fermati: ricevere nuove imputazioni e restare detenuti a tempo indeterminato. Il portavoce di Ghaffar ha sostenuto che la grave colpa del sindacato è quella di avere ospitato e nascosto due fuggiaschi inseguiti da un mandato di cattura. Invece un cenno di solidarietà ai fermati è giunto da un ex ministro della Cultura, Asfour, anche lui sostiene che questi prelevamenti rappresentino un gesto giuridicamente illegale e un grave errore politico (“l’azione ha il sapore di Stato di polizia e il mondo inizia a parlare di una nostra continua violazione dei diritti umani”). E un massmediologo, il professor Khalil, rincara la dose, sottolineando come il silenzio sull’argomento di Al Sisi significhi chiara compenetrazione coi passi compiuti dal suo ministro dell’Interno.

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