Pianifica il futuro in casa, prima che nel Paese, Kemal
Kılıçdaroğlu l’anti Erdoğan del ‘Tavolo dei sei’, l’alleanza che alle elezioni
del 14 maggio sogna di spezzare il ventennio di potere dell’Akp. Così, per tener buoni i sindaci di Istanbul (İmamoğlu) e Ankara (Yavaş), due
vincenti alle amministrative 2019
cui non ha concesso la palma di candidato alla presidenza imponendo se stesso,
gli promette un contentino in caso di successo. Rispettivamente la gestione
dell’emergenza terremoto e delle politiche sociali. Entrambi schivi e allineati
accettano e si fanno fotografare al tavolo col grande alevita convinto di
battere l’attuale presidente. Nel corso delle reiterate successioni al ministero
del Tesoro i sondaggi autunnali davano Erdoğan sotto di
parecchie lunghezze. Anche nei primi drammatici giorni del sisma, con migliaia
di crolli di edifici che non contavano neppure un decennio e avevano spezzato
migliaia di vite, il governo appariva in grave difficoltà. Ma pur fra i ritardi
la macchina dei soccorsi, statali e privati, partiva. Ci sono state polemiche e
denunce di boicottaggio di Ong estranee all’area governativa, la più famosa AHBAP della popstar Haluk Levent, poi le
braccia si sono unite al soccorso, nonostante i numeri dello strazio (oltre
50.000 vittime), quelli della catastrofe (circa 2 milioni di sfollati, di cui
la metà bambini), quelli del bisogno per la ricostruzione (40 miliardi di
dollari) fanno tremare i polsi. Non ai politici, che da ogni versante
promettono una rapida soluzione delle criticità e invitano i turchi a votarli,
compresi gli elettori delle tendopoli. Si prevede che più della metà di costoro
non lo farà, un fattore che aggiunge incognita a incognita. Perché da una parte si dice che quel voto
avrebbe abbracciato la protesta antigovernativa a causa dei mancati controlli e
delle collusioni di amministratori locali verso i costruttori senza scrupoli. Dall’altra
c’è chi parla d’un recupero dell’Akp grazie
alla promessa di avere una casa entro un anno, questo ha affermato Erdoğan per convogliare
consensi alla sua rielezione.
Frattanto Toki, Toplu
Konut İdaresi Başkanlığı, l’agenzia statale che s’occupa degli alloggi ed è
sostenuta dall’esecutivo, fa vanto dei 130.000 palazzi di sua edificazione che hanno
mantenuto le fondamenta ben salde nel terreno anche lì, come a Kaharamanmaraş e
Hatay, il suolo s’è aperto sotto le scosse di 7.9 gradi della scala Richter. Nella
giostra elettorale basata su promesse e meriti acquisiti i duellanti alla
presidenza e nel Maclis dovrebbero avere il buon gusto di non attribuirsi la
gestione di Toki, che peraltro non è stata sempre proba, perché trattasi
d’una partecipata dove manager e tecnici vengono nominati dai governi in
carica. Questi, nell’ultimo ventennio, rispondono all’Akp e al patto fra
Partito della Giustizia e Movimento nazionalista, ma quando nel
1984 l’agenzia venne fondata quegli incarichi partivano dai premier dell’epoca
fra cui c’erano anche repubblicani. Insomma molto dell’odierna Turchia è legata
al modello che l’ha preceduta e la polarizzazione, cresciuta in tempi recenti,
è un tratto storico della nazione. Sono
cambiate sigle e attori non orientamenti, specie riguardo alla sfera economica.
Così l’iper attivismo governativo in campo edilizio e di opere pubbliche aveva
fondamenta, è il caso di dirlo, durante le scelte liberiste di Turgut Özal. Non
solo. Poiché la storia finanziaria è ciclica, fasi espansive e recessive, si
succedono da decenni, con tanto d’inflazione, carovita, disoccupazione. Tutto
ciò non giustifica il presente con cui l’attuale popolazione fa i conti, ma
talune fasi sono state sottoscritte da statalisti repubblicani, liberisti in
cerca di nuove vie, islamisti che hanno preceduto Erdoğan.
Anche bandiere d’appartenenza, quella alevita di recente sventolata da Kılıçdaroğlu
a sostegno d’una minoranza emarginata, hanno già scosso in altri momenti la
vita interna. Nel 1978 nella Kaharamanmaraş ora frustata dal terremoto, gli
aleviti subirono un terribile strascico di pogrom. Furono sterminati in cento
per mano dei Bozkurtlar, i Lupi
grigi, al servizio della Gladio mondiale che organizzava colpi di Stato e
stragi. Egualmente venivano assassinati, nel silenzio del kemalismo
repubblicano, 230 lavoratori il Primo maggio 1977 a piazza Taksim e svariate
centinaia di militanti marxisti per tutto quel decennio. Era una Turchia gendarme
Nato, tanto carezzata Oltreoceano.
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