Il potere talebano in
Afghanistan sta rinfiammando alcuni mai spenti focolai della regione. Quello storico
fra Pakistan e India è rilanciato dalla palese ingerenza con cui un potentato
di Islamabad - il capo dell’Inter-Services Intelligence Faiz Hameed - ha
mediato e sospinto il gruppo Haqqani ai vertici degli attuali Palazzi di Kabul.
Secondo certi analisti il capoclan Sirajuddin avrebbe voluto molto di più del
ministero degli Interni assegnatogli, puntava a essere il leader
dell’esecutivo. Hameed l’avrebbe limitato, dotandolo, però, d’un sostegno
esterno non da poco: il proprio, così da proseguire e incrementare la
‘profondità strategica’ di Islamabad nel Paese attiguo. A questi aggiornamenti
di fatti noti i media indiani additano come spazzatura un dossier compilato nei
mesi scorsi dall’Intelligence pakistana che accusa alcuni diplomatici di Delhi presenti
a Kabul, di brigare con nuclei terroristi in Beluchistan per condurre azioni
destabilizzanti in quella regione e nelle Aree Autonome Tribali. E un più
recente documento con cui si rivela un presunto sostegno logistico a miliziani
dell’Isis in India. Dossier, accuse di falsità e giochi sporchi restano
nell’aria perché nel contrastarsi India e Pakistan fanno ampio uso di propaganda,
ipotesi plausibili, rivelazioni inventate.
Anziché esasperare i contrasti incentrati sulla cosiddetta Linea di Controllo, i
settecento e passa chilometri, che insistono sul Jammu e Kashmir, Stato indiano
autonomo sino a due anni fa, sottoposto alla cura anti-autonomia del premier
Modi, i due contendenti, e non solo loro, dovrebbero rafforzare la sicurezza
interna e regionale che per quanto il panorama afghano sta mostrando può essere
messa a soqquadro, proprio con le variabili dello Stato Islamico. La città di
Jalalabad, a meno di settanta chilometri, dal confine pakistano è da giorni
teatro di attentati antitaliban, compiuti da combattenti dell’Isis Khorasan.
Azioni prevalentemente simboliche, che comunque mettono a nudo la difficoltà
del governo insediato a Kabul di controllare il territorio. E sull’onda del
combattentismo jihdista gruppi oltranzisti pakistani come i Tehreek-e Taliban e Lashkar-e Jahangvi, sono stimolati a una ripresa del conflitto
dentro il territorio nazionale, contro la lobby delle Forze Armate, magari col
solito zampino compiacente dei Servizi. Mentre Lashkar-e Taiba cerca spazio distruttivo nella citata regione del
Kashmir, puntando per nuovi reclutamenti sul malcontento dei musulmani repressi
dalla polizia indiana. Insomma l’instabilità di una fetta dell’Af-pakistan è palese,
i diretti interessati all’aria che tira (Cina e India, Pakistan e Iran) dovrebbero
chiedersi se conviene dialogare coi taliban, come accadeva prima
dell’insediamento governativo a Kabul, o assistere a un precoce logoramento
foriero di ulteriore caos e conflitti.
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