Dopo quattordici mesi di pesante detenzione Mehbooba Mufti, leader
del Partito Democratico del Popolo ed ex primo ministro dello Stato indiano
Jammu e Kashmir, ha parlato in una conferenza stampa dopo essere stata
rilasciata una decina di giorni fa. Mantenendo fede alla fama di politica
d’acciaio ha esordito denunciando le posizioni del Bharatiya Janata Party responsabile
di “voler demolire la Costituzione nazionale”
e di sostituirla con un manifesto di proprie volontà di partito animate dal
fondamentalismo confessionale hindu. Mufti ha accusato anche tanti colleghi che
minimizzano la situazione interna, mentre operazioni come l’abolizione
dell’articolo 370 della Carta (sull’autonomia del suo Stato) e la norma
denominata Citizenship Amendment Act
(che ammette l’ingresso in India alle minoranze confessionali di nazioni confinanti
a eccezione dei musulmani) puntano a polarizzare la già complessa situazione
interna. “Penso che il governo stia
rubando i diritti degli oppressi e della grande comunità dei dalits
(storicamente la gente fuori dalle caste, ndr)” ha tuonato al microfono.
Quindi: “La leadership del Bjp vuole
scippare il territorio del Jammu e Kashmir alla popolazione, quella formazione
non s’interessa dei bisogni delle persone, vuole solo annettere la regione e
decidere in solitaria cosa farne”.
Ha poi aggiunto: “Noi
siamo incompatibili col ceto politico del
Bjp che mira al saccheggio dei beni del Paese, disprezza le minoranze e chi ha
fatto propria la storia indiana e la sua scelta liberale, democratica, secolare”. Gli strali volano su
Modi e la sua cricca accusata d’aver fallito su ogni terreno da quello
economico, disastroso ben oltre i problemi creati dalla pandemia, alla
convivenza che viene tranciata cercando capri espiatori nei kashmiri
(sottoposti dall’agosto 2019 a uno stato d’assedio militare), agli islamici e
perfino ai dalits. Nel contraddittorio con la stampa è venuta fuori la
questione dell’errore tattico compiuto nelle elezioni del 2014 dal suo partito che
si accordò col Bjp. La leader ha sottolineato che ci può essere rammarico per essere
finiti, in quella fase particolare, al fianco d’un partito che comprendeva
soggetti come il vecchio capo Vajpayee, che fu anche primo ministro ma il cui
spirito estremista era noto, per aver militato nei gruppi del fondamentalismo
hindu come il Rashitriya Swayamsevak
Sangh (formazioni paramilitari fascistoidi e razziste). “Il nostro partito proseguirà l’impegno per
rilanciare l’autogoverno del Jammu e Kashmir, continueremo a farlo secondo la
politica pacifica che ci caratterizza”. Se la caparbia opposizione a Modi le
consentirà d’infiammare future conferenze e piazze è tutto da verificare.
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