“Scherza coi fanti, ma
lascia stare i santi” recita un libretto del Belcanto, categoria occidentale che
magari l'ultimo sultano, memore delle Tanzimat
ottecentesche e della rincorsa ai modelli europei, avrà, forse, apprezzato. La
Turchia attuale, meno laica e nostalgicamente ottomana, ha forse poco senso
dell’ironia rispetto ad altre fasi del suo passato. Però dell’Erdoğan sbracato
in poltrona in mutande, che l’ultima vignetta di Charlie Hebdo definisce ‘molto buffo’ mentre drinka, solleva il chador
d’una musulmana osservandole il posteriore nudo ed esclama “ouuuh! Il profeta!”, offre l’ennesima
conferma del delirio di questo gruppo kamikaze della satira. Probabilmente il
punto di non ritorno nella redazione del settimanale parigino è rappresentato
dalla strage subìta dal suo nucleo storico barbaramente assassinato dal
commando jihadista dei fratelli Kouachi. Cosicché incuranti di tutto e tutti, e
soprattutto convinti che la satira debba colpire a 360°, i vignettisti ‘libertari’
si sfogano anche con strisce di dubbio gusto. Anche per i senzadio occidentali.
Stavolta il bersaglio principale è l’odiatissimo, non solo da loro, presidente
turco. Un fante, salito molto in alto, dunque passibile di presa in giro,
perché lontano da misticismo, pur reputandosi ossequioso fedele dell’Islam.
Peccato non sia l’unico colpito dalla striscia satireggiante. Ancora una volta
viene derisa la figura del profeta islamico, lì metaforizzato come ciascuno può
osservare. In aggiunta si schernisce una figura femminile, ben oltre l’abito
che veste. L’uso della parte anatomica della donna propone un machismo becero
che incredibile a dirsi, uscirebbe (sarà così?) dal pennarello di tal ‘Alice’. I
più avveduti ribadiranno che la satira vola ben oltre i generi, dunque la
vignettista-donna può scherzare sui tratti anatomici al di là dei sessi. Sarà,
ma non è questo il punto. Restano, accanto alla questione del buon gusto, due
fattori incredibilmente destabilizzanti.
Quello della provocazione religiosa, nuovamente contro Maometto, dell’offesa a un capo
di Stato, che certo si può contestare e deridere poiché appartiene al mondo dei
fanti, seppure d’alto rango. Per chi tiene al protocollo – e i caricaturisti
ovviamente s’autoescludono – l’oltraggio alle alte cariche d’una nazione
diventa vilipendio, come lo è quello a una confessione, considerato poi dai
chierici e dagli stessi fedeli una blasfemia. Infine l’attacco di genere è
sessismo. Nella vignetta firmata Alice c’è un po’ di tutto, e il bersaglio
Erdoğan, trova pane per i suoi denti. Al leader turco che ha fatto della
politica - interna ed estera - un terreno di accumulazione di potere, la strategia
di cercare nemici per rafforzarsi piace da morire. In più abilmente utilizza la
sua funzione nel proporsi difensore di qualcosa. Naturalmente del mondo
islamico, della sua gente, di profughi e rifugiati, del popolo turco, dei
valori di patria, ultimamente di ‘patria blu’, e della grandezza d’un passato
nazionale e imperiale. Negli ultimi anni il suo discusso e discutibile ruolo
politico è stato spregiudicato, alla stregua di altri autocrati che manipolano
eventi e crisi, per giocare una cinica partita di potere. Eppure l’Occidente
che gli si oppone ha commesso e commette errori di valutazione e peccati di
vario genere soprattutto sul fronte geopolitico. La Francia in primis, da
Sarkozy a Macron. Alcuni presidenti e premier sembrano goffi giocatori di
scacchi costretti a subìre umiliazioni dal proprio pressappochismo tattico. Poi,
a incrinare ulteriormente la linea dell’Eliseo interviene l’Hebdo con la sua irriverenza egotista,
che chissà per quali ragioni viene difesa dalla politica francese come fosse l’étendard sanglant contro la tirannia.
Quella di Erdoğan la conoscono in molti, ma la Francia della caricatura e della
politica paiono dargli una mano.
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