Doppia sorpresa nel
primo passaggio elettorale delle presidenziali in Tunisia: l’astensione è
risultata meno marcata di quanto la dichiarata disillusione politica della
popolazione avrebbe fatto attendere. Così il 45% dell’elettorato recatosi ai
seggi, controllatissimi da settantamila militari, è di molto inferiore al 64%
registrato cinque anni fa, ma non sconfortante come l’ipotesi del 25-30%
ventilata da alcuni sondaggi. L’altra sorpresa è il vincitore del turno selettivo:
Kais Saïd, un sessantunenne professore di diritto costituzionale che occupava
un posto nella fitta schiera di indipendenti e che ha messo in fila i più
quotati candidati del regime recente e della nostalgia benalista Probabilmente
è stato il voto giovanile a dargli fiducia e a darsi speranza in una nazione
rimasta bloccata da anni. I ragazzi che non vogliono finire nella spirale della
violenza jihadista, che in Tunisia recluta pagando il bisogno e la
disperazione, e non hanno le migliaia di
dollari per i viaggi degli scafisti sempre meno sicuri non solo per la tenuta
in mare, ma per l’accoglienza sulle coste italiane e le collocazioni in Europa.
Le due piaghe dello sradicamento sociale restano, ma chi ripone fiducia nel
professore cerca altro. Il competitore con cui dovrà vedersela a metà ottobre,
o forse a novembre perché non c’è ancora una data precisa del secondo turno,
dovrebbe essere colui che i sondaggi davano per sicuro vincente: il tycoon Nabil
Karoui. Ha ottenuto un 15,5% di preferenza, il 4% in meno di Saïd, mentre più
staccato è l’uomo di Ennahda, Abdelfattah Mourou, con un consenso fra l’11 e il
12%. Il suo partito non s’è rassegnato, comunicando ufficialmente di attendere
i risultati finali dalla Commissione elettorale, l’unica che ha il potere di
verificare la correttezza delle schede scrutinate. Comunque i più penalizzati
dal voto, viste le reciproche aspettative sono le due figure istituzionali:
l’ex premier Chahed e l’ex ministro di Essebsi, Zbidi. Quest’ultimo, sicuro di
un’affermazione, s’era spinto a preventivare una prossima riforma
costituzionale per un ritorno al presidenzialismo dell’epoca di Ben Ali. E più
d’uno fra i candidati accreditati aveva concesso strizzate d’occhio all’ex raìs,
lodando sua era (sic). La mossa non ha avuto presa sull’elettorato. Però la
stessa novità rappresentata da Saïd, tenutosi lontano dalle lusinghe dei
partiti storici, non mostra una piani diversi concorrenti. Anch’egli appare
imbalsamato nella conservazione di un’economia malata che non studia né lavora
per percorsi alternativi. Perciò chi si sta appoggiando a questo candidato
fuori dal coro, potrebbe scoprire scarse o nessuna novità, soprattutto di
quelle prospettive socio-economiche che sono l’inestirpato tumore tunisino.
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