Chiarito che il colpo di scena e di spugna sui
‘colloqui di pace’ afghani è opera del presidente Trump, vengono fuori le
tensioni che dividono il partito repubblicano statunitense. C’è chi, come il
Consigliere per la sicurezza della Casa Bianca Bolton, non voleva e non vuole
il ritiro dei militari dalla “lunga guerra” perché lo spettro dell’11 settembre,
di cui ricorre domani il diciottesimo anniversario,
è sempre dietro l’angolo. E chi (il Segretario di Stato Pompeo) pensava e pensa
che un accordo sia una soluzione utile non solo come medaglia da esporre nella
teca delle stipule storiche firmate a Camp David. Eppure la vanità dell’attuale
presidente Usa, che avrebbe sfidato quella dei meno permalosi Carter e Clinton
s’è fermata, bloccando un percorso lungo un anno e più. La tela tessuta da
Khakilzad, il diplomatico afghano che preserva gli interessi americani, resta
incompiuta. In verità il tragitto potrebbe ripartire. I talebani ne sono
allettati, sebbene abbiano voluto forzare la mano con attentati e morte che nel
loro codice incentiva l’autostima e dice ai locali signori della guerra vecchi
e nuovi, quelli idealmente vicini (Hekmatyar) e quelli buoni per tutte le
stagioni (l’attuale vicepresidente Dostum): senza di noi non andrete lontano. Lo
sanno tutti, ma tutto sembra perpetuarsi.
A cominciare dalla parvenza di democrazia incarnata dalle
elezioni presidenziali del 28 settembre. Ora, attentato più attentato meno e
non vogliamo con ciò apparire cinici, è questa la scadenza cui guarda chi è
stato messo ai margini dalle trattative qatarine. Innanzitutto il presidente
uscente Ghani, il cui ruolo è un tutt’uno col modello politico fallito. Uno
schema imposto dall’Occidente in cui crede solo quel pezzo dell’Afghanistan
volutamente o involontariamente legato a esso. Politici, governatori e
funzionari spesso corrotti, burocrati d’un apparato costosissimo che si
autoalimenta ma nulla fa per la nazione e la sua gente. Non a caso gli stessi
due rami del Parlamento (Wolesi Jirga e Meshrano Jirga) sono riempiti di
soggetti che perpetuano una conduzione politica tutt’altro che favorevole al
popolo, e i pochi rappresentanti lontani da intrighi vivono in isolamento
istituzionale. L’hanno testimoniato più volte. In queste ore nel rilanciare le possibilità
elettorali, organi di stampa locali come Tolo
News riportano le dichiarazioni di alcuni candidati. Pur in lizza i signori
Ahmad Massud e Rahmatullah Nabil, credono poco alla trasparenza elettorale,
temono quei brogli che si sono ripetuti nelle sedicenti elezioni libere dei
tempi di Karzai e ancor più di Ghani. Dubbi alimentati dai giri di valzer d’un
personaggio come Abdullah, che ha infilato conferme e smentite su una sua
ennesima candidatura.
Costui, esponente dell’attuale diarchìa che condivide con
Ghani, è un vecchio arnese della politica bifronte praticata dagli uomini del
modulo democratico: la veste occidentale s’intreccia al tribalismo dei clan, i legami
etnici e confessionali supportano quel parastato dei gruppi paramilitari dei
warlords che controllano le province, rappresentando un contraltare alla
matrice talebana con qualche principio fondamentalista più attenuato, ma con la
medesima violenza. Tutto ciò non è un’opinione, è scritto in quanto di
scarsamente popolare s’è fatto nel Paese dal 2003, dopo che il governo talebano
era stato sostituito da figure garantiste per una sedicente democrazia. Una
linea suggerita da Washington e dagli alleati occidentali che si comportavano,
né più né meno, come i padri dell’imperialismo moderno che inventava il Medio
Oriente con le spartizioni degli accordi Sykes-Picot-Sazonov. In certa storia
che si ripete c’è anche del nuovo, ovviamente tecnologia e attuale economia
stabiliscono sistemi di sfruttamento e controllo più sofisticati. Però nel caso
della nazione cuore dell’Asia, verso cui si sono alimentati interessi e
intrighi che hanno dato vita a un filone geopolitico definito “Grande gioco”, taluni
meccanismi non tramontano. E la crudeltà nei confronti di cittadini, cui s’impedisce
l’emancipazione, resta immutata.
Nessun commento:
Posta un commento