Canta e gioisce ‘Algeri la bianca’ che esce dall’incubo
Bouteflika per andar dove non è ancora chiaro. I cittadini giovani e navigati
si godono un successo scaturito da proteste di massa, lievitate settimana dopo
settimana. Già giorni addietro il generale Salah aveva accettato il volere
della piazza, archiviando l’ipotesi di rilanciare il presidente malato dietro
il quale lui e altri del clan di potere si muovevano da anni. Ma questo gruppo
non si ritira assieme all’ex presidente, il manipolo dei figuri che manipola la
vita pubblica algerina cercherà nuovi appigli per continuare a gestire
interessi di casta. Quella militare con lo stesso Salah, oppure di apparati col
capo dell’Intelligence Mediène, più quelli privati che negli anni scorsi hanno
visto all’opera Bouteflika junior, Said, nella veste di gran cerimoniere negli affari
con quell’Occidente amico dei tiranni mediorientali. Poiché della Francia -
repubblicana sì, ma colonialista e neocolonialista oltre il tempo delle colonie
- il Bouteflika pimpante degli anni Sessanta e Settanta che da ministro degli
Esteri s’interfacciava a De Gaulle, Pompidou, Giscard, Mitterand quindi da
presidente a Chirac fino a Holland, è stato un gancio importante e, da un certo
punto, non l’unico. Con lui agiva il clan, una fotocopia d’altri sistemi di
raìs sdoganati ad arte fra Maghreb e Mashreq da quell’Europa precedente al
marchio Ue e anche successiva.
La contropartita era basata sugli scambi
d’interesse e favori ai capitali transnazionali transitati in quei lidi in
cambio di materie prime e sudditanza economica. Il tutto sulla pelle delle
popolazioni scippate dell’autodeterminazione. Che i giovani, intervistati in
queste ore da canali televisivi internazionali come Al Jazeera e Bbc palesino
tutta la gioia e l’eccitazione possibili per un momento che resta storico, è
sicuramente una bella immagine. Altra storia è la fattibilità d’una transizione
verso una democrazia popolare che lo stesso movimento di liberazione nazionale
nel 1962, non riuscì a innescare proprio grazie ai tradimenti di sedicenti
innovatori come Abdelaziz Bouteflika e chi prima di lui (Boumédiène) aveva
personalizzato la guida della nazione, abbandonando a se stesso il sogno
panafricano. Eppure quest’aria di primavera, che per scaramanzia con quelle del
2011 non è bene definire ‘primavera algerina’, frizza di desiderio di trasformazione,
un periodo di seconda indipendenza. Perché ciò accada realmente servono
cambiamenti strutturali, contro la corruzione degli amministratori e dei
faccendieri sponsorizzati dal colonialismo di ritorno, coloro che impediscono
una reale emancipazione economica e una
redistribuzione della ricchezza. Il gabinetto guidato da Bedoui non ci
rappresenta, dichiara la piazza. Prossimi passi: il presidente del Consiglio assume l'incarico a interim per 90 giorni, durante i quali va eletto un presidente della Repubblica, poiché la carica di passaggio non consente alcun potere effettivo. La partita è aperta, incerta ma va giocata.
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