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mercoledì 3 aprile 2019

L’Algeria della speranza festeggia il futuro


Canta e gioisce ‘Algeri la bianca’ che esce dall’incubo Bouteflika per andar dove non è ancora chiaro. I cittadini giovani e navigati si godono un successo scaturito da proteste di massa, lievitate settimana dopo settimana. Già giorni addietro il generale Salah aveva accettato il volere della piazza, archiviando l’ipotesi di rilanciare il presidente malato dietro il quale lui e altri del clan di potere si muovevano da anni. Ma questo gruppo non si ritira assieme all’ex presidente, il manipolo dei figuri che manipola la vita pubblica algerina cercherà nuovi appigli per continuare a gestire interessi di casta. Quella militare con lo stesso Salah, oppure di apparati col capo dell’Intelligence Mediène, più quelli privati che negli anni scorsi hanno visto all’opera Bouteflika junior, Said, nella veste di gran cerimoniere negli affari con quell’Occidente amico dei tiranni mediorientali. Poiché della Francia - repubblicana sì, ma colonialista e neocolonialista oltre il tempo delle colonie - il Bouteflika pimpante degli anni Sessanta e Settanta che da ministro degli Esteri s’interfacciava a De Gaulle, Pompidou, Giscard, Mitterand quindi da presidente a Chirac fino a Holland, è stato un gancio importante e, da un certo punto, non l’unico. Con lui agiva il clan, una fotocopia d’altri sistemi di raìs sdoganati ad arte fra Maghreb e Mashreq da quell’Europa precedente al marchio Ue e anche successiva.

La contropartita era basata sugli scambi d’interesse e favori ai capitali transnazionali transitati in quei lidi in cambio di materie prime e sudditanza economica. Il tutto sulla pelle delle popolazioni scippate dell’autodeterminazione. Che i giovani, intervistati in queste ore da canali televisivi internazionali come Al Jazeera e Bbc palesino tutta la gioia e l’eccitazione possibili per un momento che resta storico, è sicuramente una bella immagine. Altra storia è la fattibilità d’una transizione verso una democrazia popolare che lo stesso movimento di liberazione nazionale nel 1962, non riuscì a innescare proprio grazie ai tradimenti di sedicenti innovatori come Abdelaziz Bouteflika e chi prima di lui (Boumédiène) aveva personalizzato la guida della nazione, abbandonando a se stesso il sogno panafricano. Eppure quest’aria di primavera, che per scaramanzia con quelle del 2011 non è bene definire ‘primavera algerina’, frizza di desiderio di trasformazione, un periodo di seconda indipendenza. Perché ciò accada realmente servono cambiamenti strutturali, contro la corruzione degli amministratori e dei faccendieri sponsorizzati dal colonialismo di ritorno, coloro che impediscono una reale  emancipazione economica e una redistribuzione della ricchezza. Il gabinetto guidato da Bedoui non ci rappresenta, dichiara la piazza. Prossimi passi: il presidente del Consiglio assume l'incarico a interim per 90 giorni, durante i quali va eletto un presidente della Repubblica, poiché la carica di passaggio non consente alcun potere effettivo. La partita è aperta, incerta ma va giocata.

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