Giovani, e anche no. Le piazze di tutto il mondo sono
prevalentemente giovanili, ancor più nel Maghreb dove le ragazze e i ragazzi
sono tanti e disoccupati Ma le vie di Algeri, Orano, Sétif, Costantine e di
altri centri minori in questi giorni si riempiono di più generazioni, che se
superano i venticinque anni hanno fatto i conti con l’orrore. L’orrore della
guerra civile dei Novanta, delle gole squarciate, dei corpi smembrati da
esplosioni la cui mano è conosciuta o presunta, delle sparizioni private del
ritorno e delle spoglie. E’ il terrore fratricida che ha spezzato un Paese che
voleva voltar pagina e vedeva l’Islam politico inizialmente misurarsi coi
numeri del consenso, impedito dalla “democrazia delle divise” che mai ha fatto
i conti con la democrazia dell’alternanza. I testimoni del furore storico della
Liberazione che s’erano misurati, a rischio della vita, coi parà del colonnello
Mathieu (la ricostruzione filmica più fedele alla realtà) quelli che
torturavano l’indomito spirito d’indipendenza popolare, si stanno estinguendo
per limiti d’età. Sebbene a battaglia d’Algeri finita il tramonto delle
speranze della nazione c’era già stato, con l’egualitarismo terzomondista di
Ben Bella che cedeva il passo al militarismo del ‘clan di Oujda’. E il volto
d’Algeria s’è sempre più distanziato dai suoi Ali La Pointe, immedesimandosi e
subendo i Boumédiène e i Bouteflika.
Quest’ultimo, prima d’imbalsamarsi al potere, era stato
per tutti gli anni Sessanta e Settanta vicino al gruppo vincente, come giovane
ministro degli Esteri, per poi sparire fra gli Ottanta e i Novanta, un po’
perché emarginato dall’apparato che rimpiazzava Boumédiène, un po’ per via di
scandali e affari loschi che aveva condotto grazie alla forza del dicastero. Ma
quando Bouteflika prende direttamente il potere nella veste di presidente d’un
Paese lacerato dal sangue e affamato nonostante le risorse del sottosuolo,
rivende in patria e nella fitta rete di relazioni estere (soprattutto con gli ex
colonialisti di Francia) il ruolo di pacificatore, mentre si gingilla coi
lustrini di combattente e diplomatico. Così dal Duemila la sua vita
s’impreziosisce di questi tre vanti, oltre alla funzione di amico dell’Eliseo.
Se dall’inizio del Terzo Millennio la scomposizione di quello che era stato il
Medio Oriente - creato dalle smanie imperiali dei signori Sykes e Picot e
parzialmente delle trame perdenti guglielmine e zariste - ha visto cadere e
passare vari raìs con cui Bouteflika aveva rapporti (Saddam Hussein, Asad padre,
Gheddafi), la rabbia del cambiamento che nel 2011 scuoteva Egitto e Tunisia sfiorò
appena la nazione guidata e il nativo Marocco. Più che l’anziano e futuro
presidente-disabile (nel 2013 Bouteflika venne colpito da un ictus che l’ha
privato di parole e probabilmente pensieri) a programmare per corsi ci pensa la
triade di potere: il fratello Said, il generale Salah, il capo dell’Intelligence
Mohamad Mediène.
Ma si tratta d’una pianificazione monca vista la mossa
autolesionista del clan che, rilanciando una candidatura non più spendibile, si
ritrova le piazze in subbuglio. L’attuale protesta algerina non è rivolta solo
al famigerato quinto mandato per le presidenziali del 18 aprile, si riagitano
le stesse questioni sollevate dalle primavere del 2011: dignità, lavoro,
democrazia contro la corruzione politica di caste, in buona parte militari, che
accaparrano risorse per arricchimenti personali, beneficiando minoranze di
cortigiani a danno della restante popolazione. Quello che accade, ad esempio,
in Marocco, in Egitto e accadeva in Siria prima della terapia della strage
praticata da jihadisti e lealisti di Bashar Asad. Oggi i
ventriloqui di Bouteflika chiedono una sua rielezione, promettendo
riforme. Si tratta dell’ennesimo raggiro: in vent’anni niente è stato
realizzato. Nei rapporti con l’Unione Europea, la più grande nazione africana
pur contando la metà della popolazione d’Egitto ha una disoccupazione superiore
il 30%, con picchi di oltre il 50% fra i giovani, molti dei quali sono
costretti a micro lavori incapaci di garantirgli un futuro. Come da noi, certo.
Ma con la differenza che anche i ragazzi d’Algeria alla stregua dei fratelli di
Marocco, Tunisia, Libia, Egitto pensano che sull’altra sponda del Mediterraneo
ci sia il paradiso. E in mancanza d’altro vogliono arrivarci. Esperti di flussi
migratori, già valutano l’ipotesi di rotte verso la Sardegna e le Baleari
tracciate da possibili trafficanti. Scenari improbabili? Può darsi, ma la
disperazione si governa sempre con estrema difficoltà.
Meschinamente coerente col proprio passato la Francia di Macron
non appare diversa da quella di De Gaulle, anche nei discorsi fatti dal
presidente in una recente intervista rilasciata all’ultimo paggio servile
profumatamente pagato dalla Rai che risponde al nome di Fabio Fazio. In quella
melensa chiacchiera nulla è stato detto sui tumulti nell’ex colonia, in verità
nulla è stato chiesto. Sarebbe risultato politicamente scorretto, oltre che imbarazzante per un presidente già
problematizzato dal contropotere giallo interno e dalle tuttora presenti
malefatte in terra d’Africa, non certo riferite alla sola vicenda del ‘franco
coloniale’. Ma la Francia, la Germania, l’Italia, il terzetto che fa da motore
alla Ue nei percorsi finanziari e la rende partner affaristica con Algeri, non
si fanno minimamente sfiorare dal dubbio
che aiutare i raìs sia un danno per il futuro di tutti. Ovviamente a pagarne
direttamente e immediatamente le spese è la gente d’Algeria, quella che ora alza
la voce e l’orgogliosa testa. Che per far restare su un binario pacifico la
protesta, di fronte all’impunità di chi si cela dietro il totem pur ammaccato
di Bouteflika, annuncia l’astensione. Finora l’opposizione rappresentata dal
Front El Moustabal, Labour Party,
Islamic Movement Society annuncia il boicottaggio alle presidenziali. Il
National and Democratic Rally è incerto, forse ci sarà. Di altri sapremo. Il
dramma è che altrove, vedi l’Egitto autoritario di Sisi, due terzi del popolo
non vota. Ma il generale golpista si crogiola nel 97% dei consensi, quelle percentuali preconfezionate che anche il vecchio Bouteflika ha vantato finora.
Nessun commento:
Posta un commento