Quanto sia politica l’uscita bulla sul nucleare iraniano
del presidente statunitense Trump sta nei commenti di tutti gli analisti pro e
contro l’attuale inquilino della Casa Bianca. Che nel suo determinismo, pur
segnato da mosse a sorpresa come quella che a breve lo porrà di fronte al
nemico giurato di qualche mese addietro, l’omologo nordcoreano Kim, ha comunque
una sua costanza: esasperare i confronti. Perché, affermano consiglieri e
commentatori, “fare i duri paga”. Occorre valutare con quali duri. Ovviamente la
geopolitica si serve oltre che di mosse a sorpresa, di molteplici tattiche,
bluff compresi, sebbene scoprirsi finti duri può diventare un boomerang
addirittura peggiore della più morbida diplomazia. Comunque nel contrasto a
ogni costo di cui Trump si fa convinto interprete, c’è molto passato ideologico
e strategico dell’America muscolare non solo repubblicana e tardo reganiana, ma
della stessa componente democratica poiché anch’essa, quarant’anni addietro ‘carteriana’,
mal digeriva la Rivoluzione islamica di Teheran e lo schiaffo dei 444 giorni
d’occupazione della sua ambasciata. E tale ‘passato che non passa’ è presente
nei risvolti che saranno l’immediata conseguenza dello strappo trumpiano nel
Paese degli ayatollah, e lì assume le voci dei basij vecchi e nuovi.
Costoro, assieme al potente Partito dei pasdaran che con Ahmadinejad
pensavano addirittura di fare a meno della tutela del clero, riprendono il centro
della scena politica in questa fase offensiva del simbolo dell’Occidente. A ben
poco serve la malleabilità di Francia, Gran Bretagna e Germania, gli altri
pezzi occidentali dei 5+1 Paesi che avevano firmato il famoso accordo nel 2015,
che si rendono disponibili a confermare il patto, lasciando isolata un’America
che in fondo vuole star sola. L’andamento dei due anni trascorsi, pur
consentendo a Teheran una ripresa nella produzione energetica ha comunque mostrato
estreme difficoltà nell’agevolare la presenza di capitali stranieri, passo
indispensabile per diversificare l’economia nazionale. All’Iran moderno sta
stretta la tipologia di Stato redditiere incentrato prevalentemente
nell’attività estrattiva e la cancellazione dell’embargo e dei veti finanziari
internazionali doveva servire proprio a questo. Ma il potere del sorridente
Obama non è stato pari alle presunte buone intenzioni, e l’arrivo di Trump ha esplicitato
quello che di fatto i potentati della finanza mondiale intendono praticare con
e oltre la sfera politica. Così in terra iraniana di dollari se ne son visti
pochi e gli stessi canali di differenziazione economica tramite un vero boom
turistico non sopperiscono ad altre carenze. E soffrono pure.
La promessa normalizzazione con cui Rohani ha lanciato due
campagne elettorali, vincendole per conto della parte meno oltranzista del Paese,
è una grande incompiuta se si guarda a ovest. E non certo per volontà del
conservatorismo iraniano. Però l’intreccio che lega ideologia, economia e geostrategie
continua ad avere nell’infuocato Medioriente occidentale in cui gli Usa ci
stanno sempre meno, mentre ci stanno gli attuali suoi alleati più fedeli: Israele
e Arabia Saudita, una piega significativa trasformatasi in piaga. Ai due amici
di Washington le azioni, gli interessi, gli appetiti iraniani sui prosceni
siriano, yemenita, libanese non vanno giù. Perché nutrono interessi e appetiti
propri. Cosa che non giustifica taluni scempi che purtroppo ricadono sulle
popolazioni civili, ma li spiega. Perciò l’arricchimento dell’uranio diventa
l’ennesimo pretesto per regolare altre questioni, sebbene gli sviluppi di certe
mosse presumono esasperazioni reali e fittizie. Nel rimescolamento degli
equilibri nell’area accanto ai diretti interessati a un’egemonia regionale ci
sono due grandi, firmatari dell’accordo stesso: Russia e Cina. La prima è già
diventata alleato tattico e militare di Teheran sui fronti delle crisi
siro-irachena e yemenita, la seconda può ampliare i punti d’incontro economico con gli ayatollah. E il peso che
avranno nelle scelte politiche iraniane il Partito dei pasdaran, le sue
bonyad e la nuova leva dei chierici
conservatori sarà notevole.
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