Su queste pagine
scriviamo di Medio Oriente, talvolta ci concediamo delle digressioni. Il caso è
drammatico e triste, mostra come le Istituzioni occidentali tanto somiglino al
mondo corrotto che vogliono ‘democratizzare’.
L’immagine, di per sé inquietante, è uno specchietto per
le allodole. Mostra il premier Robert Fico a mani incrociate e sguardo severo,
stendardi europeo e slovacco bene in mostra e il denaro, quello per cui ogni
nefandezza viene perpetrata, in bell’evidenza. Un milione di euro. E’ la taglia
destinata a chi offrirà notizie (sic) sugli assassini del giornalista Jan
Kuciak, freddato a colpi di pistola assieme alla fidanzata Martina Kusinrova
nella casa dove vivevano, a Bratislava. Uccisi perché il cronista investigativo
seguiva varie piste: Panama Papers, evasioni fiscali di imprenditori locali e
affari tutt’altro che trasparenti di sedicenti imprenditori italiani,
incensurati ma dai cognomi ingombranti perché in odore di ‘ndrine. E’ un bel
diversivo a effetto: l’autorità che richiama alla legalità, offrendo laute
mance per ristabilire il buongoverno che non sa e non vuol garantire. La
vicenda sembra una fotocopia di altre ‘ammazzatine’, scriverebbe il noto
romanziere Camilleri, seminate in un’Unione Europea sempre più mafiosa, non
solo nei sicari esecutori ma nella trama politica che li incentiva. E’ la
storia che negli ultimi mesi si è veduta in una Malta tutt’altro che cavalleresca,
quella che ha assassinato un’altra giornalista investigativa, Daphne Caruana
Galicia, che come Jan lanciava i propri articoli-denuncia con una sorta di
disperazione: “Ci
sono truffatori ovunque si guarda. La situazione è disperata”.
Truffe legate
indissolubilmente agli uomini di potere com’è Joseph Muscat,
il premier di quest’isola del Mediterraneo definita ‘del tesoro’ e facilmente
inglobata nella Ue, come lo è stata Cipro, altro chiacchieratissimo membro le
cui banche servono per il lavaggio del denaro delle mafie. Chi pone gli occhi
su questi paradisi fiscali a chilometro zero e cerca di svelare gli intrecci
strettissimi dei loro mondi paralleli, politico e criminale, rischia di finire
come i citati giornalisti. Il monito è diretto ed estremo. I cronisti di nera
che s’occupano di criminalità organizzata fanno quotidianamente i conti con
questi rischi, sono nel mirino più di poliziotti e magistrati, perché armati
solo di fiuto, coraggio e penna per raccontare i misfatti di cui, però, killer
e clan sono solo un anello di una catena lunga, lunghissima, che quasi sempre
conduce in alto, nei palazzi della politica e nelle Istituzioni stesse. Il
business che, secondo quanto rivelano i colleghi di Kuciak sulla testata Novy Cas sorella di Aktuality, legava i fratelli Vadalà di
Bova Marina (RC) deriva dai fondi concessi dall’Unione Europea per investimenti
agricoli ed energetici. Investimenti mai effettuati a fronte di denaro
incassato. Storie che nella Calabria di provenienza dei sospettati, nel
meridione della nostra penisola, e anche nel settentrione, vedeva già negli
anni Settanta e Ottanta, durante la Prima Repubblica italica e in anticipo sul
Caf simili ruberie fatte in connubio con gli amministratori politici.
Che nulla sia
nuovo non consola. Perché il crimine organizzato,
nato e cresciuto all’ombra della o delle nazioni, è diventato un pilastro delle
medesime, come fosse un principio costituzionale. Tutti i politici, tutti i
partiti che chiedono il voto ai cittadini italiani per le elezioni del 4 marzo,
e lo chiederanno per future consultazioni europee, dovrebbero spiegare
all’elettore medio i motivi per cui lo Stato, gli Stati, la decantata Unione
Europea nelle plurivantate commissioni non dirigano, non controllino a chi
vengono elargiti finanziamenti pubblici. E’ impossibile farlo? Non ci crediamo.
Il sistema ammette collusioni criminali come una qualsiasi nazione fallita o
Stato fantoccio. I signori degli affari, piccoli o grandi che siano, delle
‘ndrine non sono diversi dagli affaristi afghani o libici. Il parallelo non
sembri eccessivo, anche perché alcune sostanze di questi interessi sono comuni:
l’eroina da oppio, ad esempio. Che segue rotte conosciute, dalla Dea e dalle
agenzie antidroga mondiali. Però funziona molto più l’internazionale
iraniana-turco-kosovara-italiana di tale traffico che la collaborazione delle
polizie, per i veti stabiliti dalla geopolitica o per gli interessi seguiti
dalle politiche istituzionali nei propri piani d’azione. All’elettore viene
richiesto un voto per il futuro, per l’Europa. I soliti camaleonti della scena
nostrana hanno formato un partitino che ne chiede di più. Ma quale Europa?
Quella che promette taglie per i reporter uccisi senza intaccare le trame di simili
assassini?
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