Gli effetti della
minaccia di Nikki Haley, l’ambasciatrice americana all’Onu che sogna di salire
alla Casa Bianca e per questo picchia duro più del boss che l’ha voluta in quel
ruolo, si fanno sentire. Lei col piglio dell’immigrato che rinnega le origini
(la sua famiglia è indiana, non pellerossa ma del Panjab) e diventa negatrice
d’ogni diritto, aveva tuonato contro il voto dell’Assemblea generale delle
Nazioni Unite che bocciava la proposta di considerare Gerusalemme capitale di
Israele. “Ci ricorderemo di voi” aveva dichiarato in faccia ai 128 delegati dei
Paesi che sotterravano l’idea inseguita dal premier sionista Netanyahu. Dopo
neppure un mese l’amministrazione statunitense passa all’azione, colpendo in
primo luogo gli aiuti diretti all’Unrwa, l’agenzia Onu che interagisce con le
Organizzazioni non governative impegnate nell’assistenza ai profughi
palestinesi dislocati in Libano, Giordania, Siria. Verranno colpite anche le
strutture sanitarie e d’istruzione create a Gaza e in Cisgiordania. I fondi
vengono letteralmente dimezzati e passano dai 125 milioni di dollari del 2017 ai
65 milioni stanziati per l’anno in corso, coi quali ovviamente o non si
riuscirà a coprire adeguatamente i servizi finora creati, oppure se ne dovrà
sopprimere un congruo numero. In ogni caso ci rimetterà la popolazione.
Il rappresentante
palestinese dell’Olp negli Stati Uniti, raggiunto dall’emittente Al Jazeera, ha dichiarato che quei fondi
non rientravano in nessuna contrattazione, rappresentavano un obbligo
internazionale. Ma la linea Trump, volta a sostenere i desideri più
insostenibili della destra israeliana che da anni detta legge nel Paese, presta
il fianco a ogni sorta di provocazione per infiammare gli animi. Privare
centinaia di migliaia di bambini palestinesi anche di quell’istruzione basilare
rappresentata dalle scuole primarie e tagliare l’assistenza sanitaria a loro
stessi e ai familiari, punta a incrementare una frustrazione già elevatissima, ancor
più nei Territori Occupati dove check-point e insediamenti coloniali illegali fungono
quotidianamente da spunto per vessazioni e violenze. Nella sua spiccia
volgarità Trump era stato chiarissimo nel ricordare come con le centinaia di
milioni di dollari annuali “pagati” ai palestinesi erano attesi un rispetto e l’apprezzamento anche delle
più canagliesche iniziative, e quella su Gerusalemme lo è in pieno. Se gli
Accordi di Oslo, sminuenti per ogni prospettiva di autodeterminazione
palestinese, risultano un vago ricordo superato e calpestato dall’aggressivo
realismo politico di Tel Aviv in atto da un quarto di secolo, il sostegno
globale al sionismo punta ad alzare sempre più l’asticella. E propone privazione,
umiliazione, repressione, secondo cicli permanenti e crescenti.
Non sarebbe più semplice dopo tanti anni di guerra, tanti morti e tanti stenti, fare la pace? Sperare che gli ebrei se ne vadano dalla Palestina è utopia. Se i palestinesi facessero la pace gli ebrei non costringerebbero i palestinesi a diventare ebrei come gli arabi hanno preteso di islamizzare Israele nel 600 D.C.Però questo atteggiamento cioè la pace andrebbe a cozzare contro la cultura islamica ed è sempre la religione che divide gli uomini. Però se ciò avvenisse sarebbe sarebbe una grande rivoluzione per il mondo islamico e forse anche l'Arabia Saudita potrebbe riconoscere il ruolo fondamentale delle donne e la loro uguaglianza civile con gli uomini.
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