Numeri che impressionano, ma che non scaldano quelle
mani che i venti “signori e signore G” incontratisi in questi giorni a Hangzhou
si sono stretti senz’ardore e soprattutto senza stabilire granché. E tacciamo
sui loro cuori. Bambini sparsi per il mondo, come denuncia il documentato
rapporto per il 2015 dell’Unicef, redatto in collaborazione con l’Unhcr: 1 su
200 è un rifugiato, come lo è 1 su 3 che vive fuori dal Paese di nascita. Negli
ultimi dieci anni i rifugiati-bambini sono raddoppiati (da 4 a 8 milioni) a
causa, ovviamente, del moltiplicarsi dei conflitti e delle carenze sociali. Nel
mondo minore è 1 migrante su 8, e di questi bambini 28 milioni sono stati
forzatamente costretti a lasciare la terra natìa, accanto ad altri 20 milioni
di migranti d’età inferiore ai 18 anni. Dall’Africa 1 migrante su 3 è un
minore, dall’Asia lo sono 2 su 5, mentre nel primo semestre 2016 7 su 10
bambini che hanno cercato asilo in Europa provenivano da Siria e Afghanistan. Bambini
sono il 49% dei 5 milioni di siriani fuggiti da un Paese diventato un enorme
campo di battaglia, come lo sono il 49% dei 2.7 milioni di afghani giunti ormai
alla quarta generazione che conosce solo guerra, e poi il 50% del milione di
somali, il 65% degli ottocentomila migranti dal Sud Sudan.
Certo i flussi migratori esistono da sempre e
nel mondo globalizzato raggiungono cifre da Guinness, facendo contare: da Paesi
asiatici verso l’Asia 59.4 milioni, da nazioni europee in Europa 39.9 milioni;
fra Paesi africani 16.4 milioni. Dall’Asia verso l’Europa 20.2 milioni,
dall’Asia al Nord America 15.5 milioni, dall’Africa in Europa 9.2 milioni,
dall’Europa in Nord America 7.5 milioni, dall’Europa verso l’Asia 6.9 milioni,
fra Stati dell’America latina e caraibica 5.9 milioni. Sommati fanno duecentocinque
milioni di anime in viaggio, quanto le genti d’Italia, Francia e Germania
riunite, che però non si muovono per ferie o per svago, lo fanno per vivere e
cercarsi un futuro, ottenendo spesso solo un’agra sopravvivenza che, comunque, preferiscono allo
spettro della fame e della morte. Il fenomeno migratorio, nonostante le idee di
chiusura di tanta politica che riceve consensi nelle società stabilizzate da qualche
decennio di welfare e che vorrebbe rifugiarsi nelle rassicuranti cantine di
casa, è una realtà globale. Guarda oltre confine e negli spazi nazionali, più o
meno grandi. Il gigante cinese ha stimato nel 2013 ben 245 milioni di migranti
interni, mentre nel 1982 quegli spostamenti non superavano i 6.6 milioni. Sempre
la Cina, Paese dei numeri record e dell’ultima esplosione di crescita registrata
dagli annali economici, nel 2010 calcolava in 100 milioni i propri bambini che
seguivano le famiglie nel corso di migrazioni.
Fra i palestinesi, che incarnano il triste
primato d’un modello di rifugiato che coinvolge un intero popolo, ancora una
volta ragazzi e adolescenti costituiscono una fetta cospicua: sono il 38% degli
oltre 3 milioni di profughi collocati in Giordania (2.2 milioni), Libano (500.000)
e Siria (500.000). Ma negli ultimi due anni dei rifugiati in Siria oltre
100.000 hanno lasciato i propri campi, riversandosi in Libano (52.000),
Giordania (18.000) oppure vagando in una regione diventata pericolosa per chi
ha patria e chi non ce l’ha. Ovviamente in tale precarietà i maggiori pericoli
coinvolgono i bambini, bersagli di bombe e malattie. Il vicino e lontano Medio
Oriente vede uno sradicamento forzato da case distrutte, città occupate, terre
devastate, così solo nel 2015 questi sono i numeri della gente sfollata
dispersa nei confini, se ancora si possono definire tali, del proprio Paese:
Siria 6.6 milioni, Iraq 3.3, Yemen 2.5, Pakistan 1.5, Afghanistan 1.2. Delle
presenze che più ci preoccupano, considerate da tanti europei “ingombri” per il
proprio spazio vitale, 35.4 milioni vengono da altri continenti (Asia 20.2 milioni,
Africa 9.2, Sud America e Caraibi 4.6, Nord America 1 milione). Mentre 40
milioni di persone girano per la stessa Europa, e circa 20 milioni la lasciano
per altri lidi: 6.9 milioni vanno in Asia, 7.5 in Nord America, 3 milioni in
Oceania, 1.3 milioni in Sud America e pure 1 milione in Africa.
A dimostrazione che le genti del mondo, comunque
si muovono. In testa alla ricezione infantile il documento pone gli Stati Uniti
con 6.3 milioni di migranti (1/5 della quota globale e 1/10 dei migranti negli
States). Nel vecchio continente, dove l’accoglienza sta diventando una nota
dolente finora offerta e forse per il futuro ristretta, i dati dell’Unicef
mettono nell’ordine Germania, Russia e Regno Unito quali comunità che nel 2015
hanno ricevuto cospicue quote d’immigrati (oltre i 10 milioni ciascuna delle
prime due, attorno agli 8 la terza), seguono Francia e Italia. Certo dalla
Russia c’è anche un flusso di emigranti che compensa gli ingressi, un po’ meno
da Regno Unito, Germania e Italia. E sempre Regno Unito e Russia sono scelti
stati scelti nell’anno passato da migranti internazionali sotto i 18 anni: se
ne contano rispettivamente 749.000 e 612.000. Poi 599.000 sono andati in
Spagna, 540.000 in Francia, 521.000 in Germania, 446.000 in Italia. Invece i
rifugiati e richiedenti asilo che nel 2015 hanno guardato all’Europa sono stati
1 milione e 800.000. Le punte più elevate erano rivolte alla Germania (700.000
domande), quindi Russia, Svezia e Francia (300.000), Regno Unito, Italia e
Austria (200.000) Svizzera e Norvegia (100.000). Seguono altre realtà. Nei
primi sei mesi dell’anno in corso le richieste sono state 560.000, i bambini
superavano il 30% Del totale. Tanti di loro sono orfani o non accompagnati. Soli
a due e otto anni, nell’immenso mondo.
Nessun commento:
Posta un commento