I direttori dei tre maggiori quotidiani egiziani
(Al-Ahram, Al-Akhbar, Al-Gomhouria)
si sono raccolti attorno a lui, proprio come accade ai grandi statisti o come invitano
a fare i satrapi. In ogni caso Sisi ha riproposto, in un’intervista durata ore,
il passo felpato con cui s’era presentato nella stagione del suo posizionamento
legalitario sulla scena politica del Paese. Era la tarda primavera del 2014 e
godeva di un’elezione plebiscitaria. Ieri ha discusso di politica estera a
tutto tondo, toccando i punti che, semestre dopo semestre, hanno evidenziato le
contraddizioni della sua amministrazione.
Rapporti
col Cremlino –
La preoccupazione maggiore del presidente egiziano riguarda la presenza
turistica russa sul Mar Rosso che, dopo l’attentato all’airbus di un anno fa,
aveva visto l’interruzione del flusso vacanziero nella regione. Per il forte
impatto degli introiti turistici sull’economia nazionale Sisi auspica una
ripresa dei voli e del lavoro delle agenzie, un passo che potrebbe seguire
l’accordo in via di definizione con Mosca per la costruzione di una centrale
nucleare a El-Dabaa sulla costa mediterranea, a poco più di 100 km in linea
d’area da Alessandria.
Rapporti con la Casa Bianca – Da oltre un anno sono ripresi gli aiuti militari che
l’amministrazione Obama aveva sospeso dopo il golpe bianco dell’estate 2013 e i
massacri degli attivisti della Fratellanza Musulmana. Anche in questo caso non
si guardano le infinite violazioni di diritti con arresti indiscriminati,
torture, assassini (nel biennio del repulisti di Sisi i Regeni sono stati
centinaia denunciavano Ong come il Nadeem
Center e gli stessi documenti stilati delle Nazioni Unite). Ma il
sopraggiungere dell’Isis anche nelle latitudini nordafricane giustifica il
ripristino dei rifornimenti militari. Così Sisi annuncia trionfante che “i rapporti fra Egitto e Stati Uniti sono
strategici e sono stati incrementati”.
Rapporti
con Palazzo Chigi –
Il presidente-generale ha ringraziato Matteo Renzi per la prassi accomodante
sul caso Regeni. In effetti, dopo le iniziali richieste di chiarimento che
sposavano il desiderio di giustizia dei familiari del ricercatore, il premier
italiano e il ministro Gentiloni hanno abbassato la guardia e gli sguardi.
L’ipotesi di rottura diplomatica è svanita, gli affari commerciali fra i due
partner proseguono nonostante il mistero sia tutt’altro che risolto. Il
presidente egiziano è passato dal basso profilo alla rimozione della questione,
a fronte di depistaggi e omertà palesati dai suoi collaboratori più stretti, Abdel Ghaffar, il ministro degli Interni, su tutti.
All’epoca dell’assassinio (primi di febbraio 2016) apparivano ipotesi di lotte
intestine a Intelligence e Polizia locali che avrebbero usato la vicenda per
strattonare e ricattare il presidente. Congetture mai dimostrate. Al di là
delle parole di circostanza dagli apparati del Cairo non sono mai giunti
elementi utili ai magistrati italiani. Le recenti rivelazioni secondo cui il sindacalista
degli ambulanti con cui Regeni era in contatto è un informatore dei mukhabarat,
confermano i diffusi sospetti su come l’omicidio sia un affare di Stato. Nei
comme
nti di ieri Sisi come sempre fa la Sfinge, aggiunge solo una frecciata
alla stampa locale non omologata che ha continuato a tenere aperta una storia
da cancellare.
Sul vicino Medio Oriente – Inviando dopo un quindicennio il proprio ministro degli
Esteri, Sameh Shoukry, in visita a Tel Aviv Sisi ha sottolineato come l’Egitto
conservi per la questione israelo-palestinese salda e costante la posizioni di
due Stati per due popoli. Certo, le autorità di Ramallah e Gaza City devono
cercare una linea di collaborazione, come la Comunità Internazionale deve porsi
in maniera costruttiva sul tema di un’equa convivenza. A tal proposito ha
rivelato che Putin sarebbe disposto a sponsorizzare nuovi colloqui di pace fra
Abu Mazen e Netanyahu a Mosca.
Sui Paesi del Golfo – Sisi
ha definito “solido, forte e non
esclusivamente finanziario” questo rapporto con aiuti che dai tempi della
presidenza Morsi non sono mai venuti meno. Con l’Arabia Saudita è sorta una
diatriba sui confini marittimi segnati nel Mar Rosso dalle isole Tiran e
Sanafir, a lungo amministrate dall’Egitto e passate dallo scorso aprile al
regno saudita. Ne sono seguiti proteste con arresti. Sisi ha ribadito che le
isole sono sempre state territorio saudita e i circa settant’anni di
amministrazione egiziana non segnavano pretese. Con questo ha indicato anche
alla propria Alta Corte Costituzionale, che si sta interessando del tema, un’evidente
mossa di realismo politico. I petrodollari profumano sempre e servono. Il
Parlamento avrà l’onore di ratificare con un voto i confini marittimi di cui
lui stesso ha discusso col re Salman mesi addietro. E tanto deve bastare.
Sulla Turchia – Mano
tesa alla Turchia erdoğaniana “non c’è
alcuna inimicizia fra i nostri popoli”, sebbene la defenestrazione di Morsi
e la persecuzione dei militanti della Fratellanza Musulmana avevano raffreddato
i rapporti sino a rischiare una crisi diplomatica. Oggi il premier turco
Yıldirm afferma di voler rilanciare relazioni amichevoli fra i due Paesi.
All’idea Sisi sorride.
Su Siria, Libia, Yemen e l’Alto Nilo – Giostrandosi diplomaticamente con due grandi del Mondo,
entrambi interessati alle aree di crisi, il presidente egiziano si dice
convinto che Mosca e Washington s’adopereranno per risolvere situazione
intricatissime come quella siriana. Flessibilità, ma anche salvaguardia delle
diversità presenti fra etnìe e religioni saranno garantite dal buon senso, a
patto di sradicare i gruppi radicali che operano per la disgregazione. E il suo
pensiero corre alla Libia con cui l’Egitto confina e di cui spera di non
ereditare ancor più ampie infiltrazioni jihadiste. Per questo la cooperazione
militare con le potenze mondiali e con gli eserciti locali, come l’esercito
nazionale libico, risultano irrinunciabili. In Yemen gli accordi coi sauditi
prevedono un proprio contributo aereo, perché la flotta è impegnata a vigilare
sulle zone a rischio a Suez e nel Mar Rosso. La dissonanza
energetico-ambientale con l’Etiopia
sulla costruzione dell’enorme diga Renaissance, che può mettere a rischio il
flusso dell’acqua del Nilo Azzurro verso le terre egiziane, è vista da Sisi con
fiducia, si cerca collaborazione con Adis Abeba e Khartum. Seppure da sempre il
Cairo è ritenuto l’usurpatore delle acque del grande fiume.
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